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alla 1° pagina..) rivista American Journal of Medical Genetics - ha utilizzato l’analisi esomica (nuova tecnica di sequenzamento "exome sequencing" che sfrutta le conoscenze derivate dalla recente decifrazione dell’intero genoma umano per analizzare l’esoma di un individuo, cioè tutta la porzione del DNA che contiene le istruzioni per sintetizzare le proteine dell’organismo umano) su 30 pazienti risultati negativi per le mutazioni in MLL2 e ha identificato in tre bambini la perdita di una piccola porzione del braccio corto del cromosoma X, contenente il gene KDM6A. In un caso la delezione riguardava non solo questo gene, ma anche le regioni fiancheggianti, compresi tre altri geni a funzione non ancora nota (in questo caso il quadro clinico appariva più grave). Negli altri due casi, invece, le delezioni erano intrageniche e rimuovevano porzioni variabili del gene KDM6A.
Questo studio ha pertanto permesso di identificare un nuovo meccanismo responsabile della sindrome di Kabuki, rendendo disponibile un nuovo test per la diagnosi dei pazienti.
È tuttavia chiaro, dai dati già acquisiti, che l’eterogeneità genetica della malattia va oltre quella associata ai geni MLL2 e KDM6A. Sarà necessario in prospettiva stabilire quale percentuale della sindrome sia spiegata dal nuovo gene e se i pazienti eterozigoti per mutazioni in geni diversi presentino caratteristiche cliniche distinte.
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