(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) infausti. Al momento, infatti, 3 pazienti su 4 perdono la vita entro un anno dalla diagnosi. E la sopravvivenza a cinque anni per questa malattia supera appena il dieci per cento. Un dato tra i più bassi in assoluto.
L’adenocarcinoma pancreatico rimane infatti l’unico a non mostrare una riduzione nei tassi di mortalità negli ultimi in Europa. Da qui l’attenzione riposta nei confronti delle sperimentazioni cliniche, da cui si attendono risultati in grado di migliorare la prognosi di questa malattia.
Il tumore del pancreas è ancora oggi una neoplasia con forti unmet medical need. Per una molteplicità di fattori: dalla diagnosi spesso tardiva alla sua complessità biologica, dalle poche opzioni terapeutiche disponibili all’alta specializzazione richiesta per una corretta ed efficace presa in carico, diagnosi e cura.
Le forme metastatiche sono considerate le più difficili da trattare, poiché il tumore è caratterizzato da uno strato stromale denso, che spesso ostacola la penetrazione dei farmaci.
Questo è uno dei motivi per cui molte delle terapie finora testate non hanno sortito gli effetti sperati. E da cui è nata l’idea di sviluppare un principio attivo in grado di farsi strada sfruttando un’altra modalità d’azione.
L’irinotecano liposomiale pegilato è inglobato infatti in vescicole lipidiche (liposomi) che si accumulano in modo preferenziale nel tessuto tumorale. L’assorbimento da parte dei macrofagi presenti nel microambiente favorisce la liberazione del principio attivo, che può così raggiungere il nucleo delle cellule tumorali e bloccarne la replicazione.
Questa formulazione non soltanto migliora la biodistribuzione del principio attivo, ma anche la stabilità e la farmacocinetica. “A causa della scarsa vascolarizzazione, questa neoplasia si caratterizza per la quantità limitata di farmaco che riesce a raggiungere le cellule tumorali che si sviluppano nel pancreas – spiega Romano Danesi, direttore dell’Analisi chimico-cliniche dell’Ospedale Niguarda e ordinario di farmacologia all’Università di Milano –. Per aggirare questa limitazione, Nal-IRI sfrutta la tecnologia delle nanoparticelle liposomiali che permette una maggiore distribuzione del farmaco all’interno dei tessuti tumorali”.
L’efficacia clinica di Nal-IRI - in associazione con 5-fluorouracile e leucovorin - è stata dimostrata nell’ambito dello studio registrativo globale di fase III NAPOLI-1.
Lo studio - i cui risultati sono stati pubblicati lo scorso anno su The Lancet - ha documentato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza mediana da 4,2 a 6,1 mesi rispetto al solo 5-fluorouracile. Con una riduzione del rischio di morte del 33 per cento.
“I risultati di questo lavoro hanno dimostrato un vantaggio sia in termini di risposte obiettive, sia di tempo alla progressione e sia di sopravvivenza globale nel gruppo trattato con la combinazione dei due farmaci - dichiara Michele Milella, direttore della divisione di oncologia medica dell’Azienda ospedaliera universitaria integrata di Verona e ordinario di oncologia medica -. Nal-IRI rappresenta lo schema di riferimento per la seconda linea terapeutica: è meglio tollerato, ha una efficacia più solida e determina un vantaggio sia in termini di sopravvivenza sia di qualità della vita”.
Aggiunge Sara Lonardi, direttore facente funzione dell’Oncologia 3 dell’Istituto oncologico veneto di Padova: “Grazie a questo trattamento, siamo in grado di controllare la malattia e fermarne la progressione per un periodo nel 41 per cento dei pazienti. Avere a disposizione un nuovo farmaco significa poter dire che abbiamo a disposizione una novità per il trattamento per questo tipo di tumore. Ritardare la progressione di malattia, vuol dire anche ritardare l’insorgenza di nuovi sintomi, in particolar modo il dolore e il calo di peso”.
L’efficacia dell’irinotecano liposomiale pegilato ha portato la Food and drug administration (Fda) ad approvarne l’uso anche come trattamento di prima linea negli adulti affetti da adenocarcinoma pancreatico metastatico.
I vantaggi del farmaco sono stati evidenziati anche in uno studio di real world evidence pubblicato su Cancer Medicine in cui sono stati raccolti dati relativi al trattamento con Nal-IRI su pazienti trattati presso 11 centri oncologici dislocati su tutto il territorio nazionale.
“Servier ha fatto della lotta contro il cancro una delle sue priorità - conclude Marie-Georges Besse, Direttore Medical Affairs del Gruppo Servier in Italia - con un portfolio principalmente dedicato alle fasi avanzate di trattamento dei principali tumori del tratto gastrointestinale: stomaco, colon, pancreas e in futuro anche colangiocarcinoma. Parliamo di malattie che colpiscono ogni anno circa 80 mila persone. Il nostro impegno in termini di ricerca e sviluppo è concentrato sui tumori rari e difficili da trattare, per offrire a tutti i pazienti la possibilità di usufruire di linee di trattamento successive e un continuum of care rispettoso della qualità di vita”.
Notizie specifiche su: pancreas, cancro, terapia, 07/03/2024 Andrea Sperelli


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