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La dottoressa Maki Inoue-Choi, epidemiologa del National Cancer Institute e autrice principale della ricerca, spiega: "il minor tasso di mortalità è stato osservato indipendentemente dallo stato di salute, dalle condizioni di comorbilità, dal numero di sigarette che i partecipanti erano soliti fumare al giorno, così come gli anni dalla cessazione e l'età all'inizio del fumo".
"Il fumo di sigaretta è la principale causa di malattie prevenibili e di morte negli Stati Uniti così come nel resto del mondo. L'uso del tabacco provoca ancora oggi più di 8 milioni di morti l'anno, tuttavia la crescente consapevolezza dei danni del fumo e le ultime politiche sul controllo del tabacco hanno portato a tassi sostanziali di ex fumatori, riducendo la prevalenza del fumo di sigaretta di circa due terzi ed evitando milioni di morti premature. Maggiore si è mostrata l'aderenza a scelte sane di salute, minore è stato il rischio anche di ammalarsi di cancro e incorrere in malattie cardiovascolari o respiratorie".
"Gli ex fumatori rimangono a rischio di mortalità più elevato rispetto ai non fumatori, e possono trarre beneficio solo rispettando certe raccomandazioni", prosegue la dottoressa Inoue-Choi. "Le indicazioni della World Cancer Research Foundation, dell'American Institute for Cancer Research, dell'American Cancer Society e dell'American Heart Association includono il mantenimento di un peso corporeo sano, l'essere fisicamente attivi, seguire una dieta sana e limitare il consumo di alcol oltre a evitare di fumare. E seguire questo stile di vita premia”.
“Grazie ai dati offerti da questo vasto campione di ex fumatori e il lungo follow-up abbiamo potuto raccogliere dati che prima non avevamo, permettendoci di valutare l'aderenza dei partecipanti alle raccomandazioni di vita sana e i risvolti che hanno avuto sulla mortalità", conclude Inoue-Choi.
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10/10/2022 Andrea Sperelli
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