(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) un disturbo del comportamento alimentare. In Italia ci sono 8500 nuovi casi ogni anno, e ogni anno 65.000 giovani tra i 12 e i 25 anni necessitano di avere cure intense.
L’anoressia porta alla morte tra il 5 ed il 20 % delle pazienti (in un quarto dei casi per suicidio).
Per quanto concerne il trattamento gli approcci più condivisi sono quello sistemico relazionale e quello cognitivo comportamentale. L’obiettivo è favorire lo svincolo, promuovere una comunicazione chiara all’interno della rete familiare, rafforzare la figura paterna se, come spesso accade, è periferica. Di fatto le problematiche anoressizzanti sono strettamente legate alle disfunzionali dinamiche familiari. Migliorare motivazione e collaborazione al trattamento, ristabilire un’alimentazione adeguata per quantità, qualità e regolarità (psicoeducazione alimentare), correggere cognizioni e atteggiamenti distorti riguardo al cibo e al peso, curare i disturbi psichiatrici associati, cercare la collaborazione e fornire informazioni e sostegno ai familiari, migliorare l’autostima e i sintomi ansiosi e depressivi al fine di prevenire le ricadute.
Un ostacolo al trattamento consiste nel fatto che spesso questi pazienti non riconoscono il proprio disturbo e quindi sono scarsamente motivati. Molto raramente le pazienti ammettono di essere consapevoli del proprio aspetto emaciato, tuttavia mantengono l’incapacità di fronteggiare il terrore di aumentare di peso. Questa mancanza di coscienza della malattia può condurre a gravi perdite di peso fino a costituire un serio pericolo per la vita delle pazienti.
In questi casi e nei casi in cui sia presente elevata frequenza di crisi bulimiche, vomito, uso improprio di farmaci, comportamenti auto aggressivi o rischio suicidario, grave comorbilità psichiatrica (asse I e II), conflittualità o scarso sostegno familiare, il trattamento d’elezione rimane quello ospedaliero, di tipo interni stico - in caso di grave denutrizione/disidratazione, gravi complicanze mediche non gestibili a livello ambulatoriale – o in SPDC – se presente comorbidità, rischio suicidario, casi in cui è necessario il TSO, ovvero il trattamento sanitario obbligatorio, ovvero quando ogni altra possibilità terapeutica esplorata si sia dimostrata inefficace e sia alto il rischio di sopravvivenza (alterazioni del comportamento, del pensiero e della capacità di giudizio, incapacità di rispondere alle normali necessità di sopravvivenza).
Da uno studio randomizzato, open-label, multicentrico, apparso sul Lancet (2014;doi:10.1016/S0140-6736(13)62411-3) ad opera di Herpertz-Dahlmann B, Schwarte R, Krei M, et al. emerge un'efficacia analoga a quella ospedaliera del trattamento in regime di day hospital.
Meno costoso, sembra mettere al riparo da rischi di ricaduta e nuovo ricovero attenuando il passaggio del paziente dall'ospedale al proprio domicilio. Abbiamo analizzato la sicurezza e l'efficacia del trattamento in regime di day hospital successivo ad un breve ricovero rispetto al trattamento in regime di ricovero continuato.
Il trattamento in regime di day hospital successivo ad un breve ricovero per le pazienti adolescenti affette da anoressia nervosa non cronica sembra non essere meno efficace del ricovero continuato per il recupero e mantenimento del peso nel corso del primo anno in seguito alla dimissione. Il trattamento in regime di day hospital potrebbe pertanto rappresentare un'alternativa sicura e meno costosa rispetto al ricovero.
Rimane comunque insindacabile l’efficacia indiscussa di un approccio multidisciplinare che includa gli aspetti psichiatrici, psicosociali, medici e nutrizionali.
Consistente nell’integrazione dei trattamenti attraverso buoni livelli di comunicazione tra gli specialisti che abbiano maturato esperienza/formazione nel settore.
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Notizie specifiche su: anoressia, ricovero, peso, 11/02/2014 Anna Carderi


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