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alla 1° pagina..) come modello una linea di cellule macrofagiche umane in coltura, differenziate con interleuchina-4 in modo da farle assomigliare a quelle che si trovano nelle ferite e nei traumi in via di guarigione. «In un primo lavoro avevamo dimostrato che in presenza di Arnica i macrofagi aumentano l’espressione di geni coinvolti nella sintesi delle chemochine, sostanze importanti per richiamare le cellule nel luogo della lesione e per promuovere la ricrescita dei vasi», precisa Bellavite. «Visto il promettente risultato del primo studio, si è proceduto all’analisi della totalità dei geni espressi dai macrofagi (migliaia), con una tecnica chiamata “Next-generation sequencing”. Si è evidenziato l’aumento statisticamente significativo di 7 geni di cui 3 collegati alla matrice extracellulare del tessuto connettivo, come la fibronectina. L’importanza funzionale dell’effetto di Arnica è sottolineata anche dalla scoperta che se si opera artificialmente un graffio del monostrato cellulare, i macrofagi lo riparano più velocemente. Un altro punto importante è che gli stessi geni la cui espressione è influenzata da dosi alte (2c, vale a dire la seconda diluizione centesimale) risentono anche delle diluizioni omeopatiche più alte (3c, 5c, 9c, 15c), con intensità minore ma sempre statisticamente significativa».
«In sintesi – conclude il docente - con le moderne tecniche di espressione genica si conferma che le cellule sono dotate di un’altissima sensibilità a livello della regolazione dell’espressione genica, tale da renderle capaci di rispondere alle dosi omeopatiche di medicinali. È suggestivo sapere che il DNA dei macrofagi umani è ultrasensibile a tale tipo di regolazione da parte di una pianta conosciuta da secoli per le sue proprietà medicinali».
Lo studio è firmato anche da Marta Marzotto, Clara Bonafini, Debora Olioso, Anna Baruzzi sempre del dipartimento di Medicina, da Laura Bettinetti e Francesca Di Leva del dipartimento di Biotecnologie di Verona - Centro di Genomica Funzionale e da Elisabetta Galbiati del dipartimento di Biotecnologia e Bioscienze dell’università di Milano-Bicocca.
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14/11/2016 Arturo Bandini
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