(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) con una conseguente riduzione del volume dei liquidi intracorporei e possibile riduzione della pressione arteriosa, fattori che condizionano la quantità di sangue che arriva ai nostri reni.
“Per questi motivi – spiega Piergiorgio Messa, Presidente SIN e Direttore di Unità Operativa Complessa di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale - Policlinico di Milano e Professore Ordinario di Nefrologia all'Università degli Studi di Milano - è possibile che si osservi un peggioramento della funzione renale qualora non si riesca a compensare adeguatamente questa perdita di liquidi e sali. Tutto ciò è aggravato dalle recenti modificazioni climatiche, caratterizzate da forti e rapidissime escursioni termiche, in grado di mettere a dura prova il sistema circolatorio, neuro-vegetativo e, di conseguenza, la funzione renale. È per questo che il climate change si configura come un fattore di rischio addizionale per la salute dei reni, organi fondamentali nella gestione dei liquidi del nostro organismo. Più esposti, in rapporto alle modificazioni del clima, sono i pazienti con funzionalità renale ridotta a causa di una malattia preesistente o i soggetti con rene unico”.
Quali sono le regole per un sistema di compensazione adeguato?
- Re-idratarsi (almeno 1.5 litri di acqua al dì, da aumentare in caso di sudorazione profusa o esposizione a climi caldi e molto ventilati)
- Reintegrare, seppur moderatamente, la quantità di sale che viene fisiologicamente persa in caso di abbondante sudorazione, a meno che la pressione non sia elevata
- Non esporsi al sole nelle ore più calde
- Applicare un’importante protezione cutanea
- Controllare sistematicamente i valori della pressione arteriosa

Si tratta di regole valide per tutti, ma che assumono maggior peso per le popolazioni anziane o per chi presenta un aumentato rischio di sviluppare nefropatie a causa di condizioni quali obesità, sovrappeso e diabete.
Sono sempre di più le evidenze che suggeriscono come il cambiamento climatico e l’esposizione prolungata al caldo rappresentano fattori di rischio per lo sviluppo di malattia renale cronica, tanto che gli esperti ipotizzano che si possa individuare una forma di nefropatia causata da stress da calore. L'effetto combinato dell'aumento delle temperature e della carenza di acqua sta infatti creando una nuova era di crisi climatico-sanitaria, in cui malattie già note vengono esacerbate e compaiono nuove malattie. Sono particolarmente a rischio le persone che lavorano per tempi prolungati in ambienti particolarmente caldi e umidi.
Non solo, con il caldo estivo tende ad aumentare anche l’inquinamento atmosferico, un fattore di rischio che determina molteplici e ben noti effetti negativi sulla salute.
Mentre studi precedenti avevano già dimostrato come l'inquinamento atmosferico sia associato a un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, cancro, infezioni e mortalità, vi sono prove emergenti che suggeriscono che possa anche influire negativamente sulla salute dei reni.
“In letteratura – spiega Piergiorgio Messa, Presidente SIN - iniziano a comparire casistiche che dimostrano come nei pazienti con malattia renale di vario grado e nei pazienti portatori di trapianto renale, la risposta anticorpale al vaccino contro il Covid-19 sia ridotta rispetto a quanto osservato nella popolazione generale: questi risultati potrebbero presagire una ridotta capacità di protezione vaccinale nei confronti dell’infezione da Covid-19 in queste categorie di pazienti. Gli studi in atto, tra i quali quello promosso dalla SIN in collaborazione con l’ISS e sostenuto da AIFA, darà risposte definitive su questo punto critico, premessa necessaria per poi progettare strategie vaccinali diverse.
Ciò, naturalmente, trascende e prescinde dal problema del caldo, ma i nostri pazienti devono continuare, più degli altri, a mantenere il distanziamento e le misure generali di sicurezza (uso della mascherina e igiene delle mani) anche durante l’estate e nonostante la vaccinazione”.
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15/06/2021 Andrea Sperelli


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