(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) organizzato ha l’effetto di ridurre i fattori di rischio di patologie cronico-degenerative come il diabete, la demenza, la cardiopatia ischemica e altre.
Vivere più a lungo e in salute è peraltro il desiderio di tutti, e i ricercatori da decenni si concentrano sull’obiettivo.
"Fin dall’antichità – ricorda il professor Laviano - e basta rileggere il mito di Aurora e Titone, era ben chiara la differenza tra longevità ed eterna giovinezza. Oggi, l’obiettivo eterna giovinezza è stato soppiantato da quello di invecchiamento di successo (healthy ageing), cioè dall’aumentare il numero degli anni vissuti in salute (healthspan). L’invecchiamento di successo è considerato oggi una priorità per tutti i Paesi ad alto reddito, poiché l’invecchiamento della popolazione è correlato a una maggior incidenza di malattie cronico-degenerative e disabilità, e ha quindi un impatto gravoso sulla spesa sanitaria e sul welfare. È dunque necessario dare spazio a tutte le strategie che rallentino l’invecchiamento biologico, permettendo un invecchiamento di successo". 
L’alimentazione è il pilastro sul quale agire per raggiungere obiettivi sempre più ambiziosi in termini di invecchiamento di successo. Il principio dal quale partire è mangiare meno, ovviamente senza arrivare alla denutrizione e alla privazione di nutrienti essenziali.
Limitare l’apporto calorico ha infatti l’effetto di far entrare le cellule in modalità di protezione, resistendo così meglio alle aggressioni esterne. Di fronte a una riduzione di nutrienti, le cellule cercano di soddisfare le proprie necessità attraverso il meccanismo dell’autofagia, ovvero il ricambio delle componenti invecchiate e malfunzionanti.
La restrizione calorica in definitiva agirebbe come una sorta di pulizia interna che favorirebbe la rigenerazione cellulare. Per restrizione calorica si intende una riduzione delle calorie introdotte del 20-40%.
"Da un punto di vista pratico – spiega il professor Giorgio Sesti, presidente della Società Italiana di Medicina Interna – la restrizione calorica si può attuare secondo diversi approcci, da adattare alle esigenze del singolo e alle sue possibilità. Ma va detto che si tratta di estrapolazioni teoriche di quanto osservato su modelli cellulari e animali oltre che su marcatori surrogati di longevità in salute; al momento infatti per nessuno di questi approcci esiste la dimostrazione scientifica che ne documenti in modo definitivo l’efficacia nell’allungare la vita in salute, perché i risultati degli studi in corso si potranno osservare solo tra qualche decennio. Alcune evidenze preliminari che questo accada anche nell’uomo vengono dallo studio CALERIE di recente pubblicato su Nature Aging: una restrizione calorica del 25% rallenta i processi di metilazione del DNA (legati a tanti processi di invecchiamento) già dopo appena due anni. Ma il cibo, al di là delle calorie, ha anche un elevato valore simbolico, per non parlare del suo effetto consolatore (comfort food); e questo rende molto difficile seguire un regime di stretta restrizione calorica per lunghi periodi di tempo. Per questo, gli scienziati di settore sono alla ricerca di modalità alternative e meno penalizzanti. Una di queste è la restrizione selettiva degli alimenti ultra-raffinati. Numerose evidenze epidemiologiche suggeriscono che una dieta ricca di alimenti ultra-raffinati (farina bianca, zucchero, ecc.) è associata ad aumentato rischio di sviluppare malattie cronico-degenerative e precoce declino cognitivo. Un’altra possibile strada è quella del digiuno intermittente, attualmente di gran moda per la perdita di peso. Nell’ottica della restrizione calorica anti-aging, un approccio efficace potrebbe essere quello di alternare giorni di quasi digiuno, a giorni in cui ci si alimenta in quantità normale (ad esempio secondo la formula 5:2)”.
È un argomento su cui si dibatte ancora, ma il principio da cui parte sembra condiviso da molti, ovvero la riduzione generale dell’introito calorico.
“Tra le proposte emergenti - spiega il professor Laviano - c’è il time-restricted eating; visto che il primo induttore di attività cellulare è la luce, questo approccio suggerisce di restringere la finestra temporale nella quale ci si può alimentare a meno di 12 ore, meglio se a 8-10 ore, sincronizzandola con la luce solare (una sorta di dall’alba al tramonto). Il tutto almeno 5 giorni a settimana. È noto che mangiare tardi la sera si associa a un maggior rischio di patologie cronico-degenerative, mentre mangiare con la luce naturale sembra ridurre lo stato infiammatorio e potrebbe facilitare il dimagrimento. Un recentissimo lavoro sperimentale suggerisce inoltre che potrebbe essere proprio la fame, a attivare i meccanismi di protezione, ma non è chiaro se questo succeda anche nell’uomo”.
"Va sottolineato tuttavia – ammonisce il professor Sesti – che modificare la dieta e il proprio peso corporeo può anche sortire effetti opposti e influenzare negativamente la propria età biologica. È il motivo per cui questi approcci, soprattutto i più sperimentali, devono essere sempre adottati su indicazione del medico e da lui monitorati per avere una visione globale dei rischi e dei benefici".
Notizie specifiche su: dieta, longevità, Longo, 24/05/2023 Andrea Sperelli


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