(2° pagina) (Torna
alla 1° pagina..) dal fatto che lo studio si basa su cartelle cliniche elettroniche e non su campioni biologici, descrivendo semplicemente le correlazioni e non dimostrando il nesso di causalità.
In FinnGen, una grande biobanca finlandese che include dati sanitari digitali, i ricercatori hanno trovato quasi 26.000 persone che avevano una delle sei malattie cerebrali già elencate. Hanno quindi verificato se le stesse avessero avuto anche una delle numerose infezioni virali. In 45 casi, hanno trovato un significativo “accoppiamento” infezione-malattia cerebrale, il che significa che le persone con la malattia cerebrale avevano maggiori probabilità di aver avuto quell’infezione rispetto ai quasi 309.000 controlli senza malattie cerebrali. Quindi i ricercatori hanno cercato gli stessi 45 accoppiamenti in un altro grande database, il UK Biobank, dove hanno analizzato i dati di 106.000 persone, inclusi più di 96.000 controlli. Sono state riscontrate solo 22 delle precedenti associazioni, che sono state oggetto dello studio pubblicato su Neuron.
Scrivono gli autori: “La più grande associazione di effetti era tra l’esposizione all’encefalite virale e il morbo di Alzheimer. L’influenza con polmonite era significativamente associata a cinque delle sei malattie neurodegenerative studiate. Abbiamo anche replicato l’associazione Epstein-Barr/sclerosi multipla”. Ancora un articolo pubblicato su Science spiega che quasi tutti gli accoppiamenti virus-malattia hanno coinvolto virus “neurotropici”, che possono cioè invadere il sistema nervoso centrale, come l’herpes simplex e l’herpes zoster e alcuni ceppi di influenza.
Restano però numerosi limiti. In primo luogo si tratta solo di associazioni che non provano il nesso causale tra virus e malattie cerebrali. Per esempio come precisa ancora Science, potrebbero essere coinvolte diverse suscettibilità genetiche o esposizioni ambientali che giocano un ruolo nel causare malattie neurodegenerative. Inoltre gli autori hanno mostrato che per ogni accoppiamento, l’aumento del rischio era maggiore un anno dopo l’infezione e diminuiva nel tempo, ma è noto che negli anni che precedono la diagnosi di demenza le persone hanno un decadimento anche metabolico e immunologico. Infine gli autori si sono basati sulle diagnosi delle cartelle cliniche elettroniche associate a infezioni virali tali da portare le persone a rivolgersi a un medico o in ospedale. Ignorando così migliaia di infezioni che hanno causato pochi o nessun sintomo e potenzialmente alterando i risultati.
Nonostante questo secondo Alberto Ascherio, epidemiologo presso la Harvard T.H. Chan School of Public Health, l’associazione tra virus e malattie neurodegenerative merita sicuramente più attenzione e ricerca: “Sono molto felice che stiano portando una certa attenzione su un argomento che potrebbe avere importanti implicazioni in termini di salute pubblica”.
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24/01/2023 Andrea Sperelli
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