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alla 1° pagina..) mente-corpo. Questo aspetto contribuisce a migliorare la qualità del cammino e la possibilità di compiere gli abituali gesti della quotidianità, essenziali per preservare l’indipendenza e la funzionalità nella vita quotidiana dei nostri pazienti”, dichiara il Professor Filippi.
“Il Tai Chi è una tecnica terapeutica e preventiva naturale, praticata da secoli nella medicina tradizionale cinese, che fonda la sua specificità sulla concentrazione che deve accompagnare i movimenti dolci e fluidi, adattati alle capacità motorie residue dei soggetti affetti da malattia di Parkinson, e la corretta respirazione nell’esecuzione degli esercizi. È una disciplina indicata sia per il miglioramento dello stato fisico sia per ottenere una maggior stabilità psico-fisica”, aggiunge la Dr.ssa Maria Antonietta Volontè, coordinatrice delle attività cliniche sui Disordini del Movimento dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Conclude la Professoressa Federica Agosta, responsabile dell'Unità di ricerca Neuroimaging delle malattie neurodegenerative dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e associata di Neurologia all’Università Vita-Salute San Raffaele: “Questa antica arte marziale è una risorsa preziosa nell’affrontare le sfide fisiche e cognitive legate alla malattia e la sua pratica può rappresentare un importante tassello nella ricerca di soluzioni terapeutiche integrate, offrendo una combinazione di scienza e armonia per promuovere una vita in movimento e per migliorare la qualità di vita di coloro che convivono con la malattia di Parkinson”.
A confermare i benefici del Tai Chi nei malati di Parkinson è anche uno studio pubblicato sul Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry.
«Ricerche precedenti suggeriscono che il Tai Chi possa alleviare i sintomi del Parkinson a breve termine, ma non è noto se questo miglioramento possa essere duraturo», spiega Gen Li della Shanghai Jiao Tong University School of Medicine di Shanghai, primo nome dello studio.
I ricercatori cinesi hanno monitorato un gruppo di 147 persone con Parkinson che hanno praticato il Tai Chi due volte alla settimana per un’ora, mettendoli a confronto con altri 187 pazienti che hanno seguito le cure standard ma senza praticare l’arte marziale.
La gravità della malattia è stata valutata in tutti i partecipanti all’inizio del periodo di monitoraggio, e la progressione della malattia, compreso l’aumento della necessità di farmaci, è stata successivamente monitorata a novembre 2019, ottobre 2020 e giugno 2021.
La progressione è risultata più lenta in tutti i punti del monitoraggio nel gruppo che aveva praticato Tai Chi, e il numero dei pazienti che hanno assunto farmaci è stato molto più basso rispetto al gruppo di controllo.
Nel gruppo Tai Chi la funzione cognitiva si è deteriorata molto più lentamente, e sonno e qualità della vita sono migliorati. La prevalenza delle complicanze è stata significativamente inferiore nel gruppo che praticava l’arte marziale rispetto al gruppo di confronto (discinesia 1,4% rispetto a 7,5%, distonia 0% rispetto a 1,6%, allucinazioni 0% rispetto a poco più del 2%, deterioramento cognitivo lieve 3% rispetto a 10%, sindrome delle gambe senza riposo 7% rispetto a 15,5%).
«Il nostro studio ha dimostrato che il Tai Chi offre un effetto benefico a lungo termine sulla malattia di Parkinson, e questo fatto indica potenziali effetti di modificazione della malattia sia sui sintomi motori che non motori, in particolare sull’andatura, sull’equilibrio, sui sintomi autonomici e sulla cognizione», concludono gli autori.
Fonte: Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry 2023. Doi: 10.1136/jnnp-2022-330967
Journal of Neurology Neurosurgery & Psychiatry 2023. Doi: 10.1136/jnnp-2022-330967
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25/03/2024 Andrea Sperelli
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