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alla 1° pagina..) Nicola Macchione, medico chirurgo specializzato in urologia e andrologia.
Il calendario della salute urologica: l’infanzia
“Negli ultimi anni le patologie urologiche in età pediatrica sono in netto aumento con, ad esempio, l’insorgenza di alterazioni anatomiche dell’uretra, una tendenza che sembrerebbe correlata all’eccessivo inquinamento”, spiega il dottor Macchione. “Nel bambino, in ogni caso, un primo controllo urologico va fatto alla nascita, per verificare la presenza di entrambi i testicoli. Poi, negli anni, va seguito tramite visite regolari lo sviluppo dell’apparato genitale, in particolare l’apertura del prepuzio, che deve avvenire sempre naturalmente: mai fare ginnastiche prepuziali, come in passato suggerivano alcuni pediatri”.
È una fase, questa, nella quale i genitori sono più attenti e, se viene costruito un rapporto di fiducia con il pediatra ed eventualmente con l’urologo-pediatra, il percorso di prevenzione prende il via sui giusti binari.
Adolescenti e giovani adulti, l’età “dimenticata”
“Tra i 14 e i 16 anni, quando il corpo dei ragazzi cambia in modo graduale e attraversa la pubertà, effettuare controlli regolari sulla maturazione dell’apparato genitale diventa fondamentale” - continua Macchione. “In questa fase delicata, soprattutto per gli adolescenti, il consiglio a tutti i genitori è di rimanere in contatto con i cambiamenti corporei dei ragazzi. Questo perché un adolescente non dirà mai di avere un problema, salvo in presenza di un dolore o un fastidio acuto: solo mantenendo un dialogo aperto e attivo, in particolare quando cominciano a esserci le prime esperienze sessuali, si può instaurare e consolidare l’abitudine alla prevenzione. Non solo, mentre le ragazze della stessa età ricevono un’educazione solida rispetto all’importanza di effettuare controlli ginecologici regolari, che si trasforma presto in un’abitudine e un’attenzione generalizzata alla propria salute, lo stesso trattamento non è esteso ai ragazzi: i genitori tendono a pensare che, nei maschi, non ci sia necessità di effettuare controlli salvo in presenza di problematiche evidenti”.
Un approccio controproducente, spesso dovuto a un eccessivo pudore da parte dei genitori.
“Per questo è importante abbracciare una cultura diversa” - precisa Macchione, che con i giovani comunica normalmente anche tramite i social - “dando il giusto peso alla presa in carico della salute urogenitale maschile. Se trascurata in adolescenza, quando i ragazzi si affacciano alla vita adulta, è probabile che si continuerà a procrastinare visite e controlli anche in età matura. In questo senso può essere d’aiuto ai genitori un cambio di prospettiva, per vedere oltre la funzione sessuale degli organi genitali che vanno trattati come tutti gli altri, superando imbarazzi e tabù”.
Cosa fare dai 25 anni in su e dopo i 40 e i 50 anni
“Superati i 25 anni, è necessario effettuare controlli regolari e costanti” - continua Macchione - “e le visite sono solitamente orientate, salvo problematiche specifiche, alla valutazione della fertilità e alla cura di patologie comuni come le prostatiti, molto diffuse intorno ai 30 anni”.
Diverso il discorso dopo i 40 anni: “in questa fascia di età è fondamentale che il check-up diventi biennale, per escludere patologie oncologiche – soprattutto in chi ha una storia familiare nella quale sono presenti – in particolare il tumore alla prostata e quello alla mammella, che, va ricordato, è dovuto alla mutazione dello stesso gene che provoca il tumore alla prostata”.
“Dai 50 anni, poi, quando il rischio di tumore alla prostata è più elevato, il controllo deve diventare annuale e finalizzato alla valutazione dello stato di salute dell’apparato urogenitale e allo screening oncologico”.
Superata l'età nella quale a seguire il bambino o il ragazzo sono i genitori, in primis la mamma, diventa particolarmente importante il ruolo della donna, che sempre più spesso fa da ponte tra urologo e paziente.
“Nella mia esperienza, 7 pazienti su 10 vengono letteralmente spediti a fare i controlli dalla propria compagna”, conferma Macchione. “Questo perché c’è ancora molta reticenza e vergogna nel condividere eventuali problematiche dalla cintola in giù, persino con il medico. Ammettere una debolezza è percepito quasi come una colpa. In più della metà dei casi sono quindi le compagne, culturalmente più sensibili ed educate alla prevenzione, a far sì che il partner si presenti agli appuntamenti e rispetti i controlli”.
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30/11/2022 Andrea Sperelli
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