(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) effettuata attraverso lo score GLIM (Global Leadership Initiative on Malnutrition), che si basa su criteri fenotipici (riduzione del peso, della massa muscolare e dell’indice di massa corporea) ed eziologici (riduzione dell’introito calorico e presenza di uno stato infiammatorio).
Il problema è che nella pratica clinica quotidiana applicare a tutti i pazienti questa valutazione risulterebbe indaginoso per medici concentrati su diverse dinamiche assistenziali. È possibile tuttavia effettuare una valutazione prognostica semplificata, basata sullo stato nutrizionale del paziente ricoverato, utilizzando lo score CONUT (COntrolling NUTritional status), già validato su pazienti oncologici, chirurgici e gastroenterologici e utilizzato in maniera retrospettiva in Asia (Cina e Giappone) come indicatore di prognosi nei pazienti ricoverati”. L’efficacia di questo score non era finora mai stata validata su pazienti occidentali ricoverati nei reparti di medicina. A colmare questo gap hanno provveduto il dottor Rinninella e la professoressa Maria Cristina Mele, Responsabile della UOC di Nutrizione Clinica di Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS e Professore Aggregato di Scienze tecniche dietetiche applicate, Università Cattolica del Sacro Cuore, attraverso uno studio pubblicato su Nutrients. “Abbiamo rilevato i dati del test CONUT – spiega il dottor Rinninella - di 203 pazienti ricoverati presso i reparti di Medicina Interna e Gastroenterologia del Gemelli, al momento dell’ingresso in reparto. I risultati ottenuti ci hanno consentito di stratificare i pazienti in 4 categorie, a seconda del loro stato nutrizionale (normale da 0 a 1; malnutrizione lieve 2-4; moderata 5-8 e grave 9-12); l’algoritmo di questo test si basa sui valori di albumina, sulla conta totale dei linfociti e sul colesterolo totale, parametri immuno-nutrizionali facilmente reperibili nelle prime analisi ematochimiche effettuate al momento del ricovero”.
L’endpoint primario di questo studio era la durata del ricovero; quello secondario la mortalità nel corso della degenza. Dai risultati del test è emerso che solo un paziente su 5 (21,7%) presentava uno stato nutrizionale adeguato, uno su tre mostrava segni di malnutrizione lieve (32,5%) uno su 3 di malnutrizione di grado moderato (33,5%) e il 12,5% di malnutrizione grave. “Andando a confrontare questi dati con la durata del ricovero – afferma il dottor Rinninella - è emerso che sia la degenza media che la mortalità aumentano all’aumentare di questo score; in particolare, un punteggio CONUT da moderato a severo correla con un aumento della permanenza di ospedale del 52% (pari a 3 giorni in media di più) e un CONUT elevato si associa ad un’aumentata mortalità. La novità di questo studio non è tanto di aver indicato ancora una volta che la malnutrizione è un fattore prognostico negativo, quanto l’aver dimostrato la possibilità di offrire ai clinici uno strumento semplicissimo per individuare precocemente la malnutrizione nel paziente ricoverato in medicina interna. Si tratta del primo studio di questo tipo, effettuato in un contesto ospedaliero italiano, e ha dimostrato il valore predittivo di uno score semplice da applicare, con appena tre dati di laboratorio”.
Ma quali sono le ricadute pratiche di questa valutazione? “Sicuramente – spiega Rinninella – il CONUT offre ai clinici la possibilità di richiedere in maniera appropriata una consulenza di nutrizione clinica, quanto prima possibile, idealmente all’inizio del ricovero. Al di là del suo valore prognostico, la valutazione semplificata dello stato nutrizionale consente di intervenire con una strategia nutrizionale su misura, che va dalla dieta, alla supplementazione di alimenti a fini medici speciali per os, alla nutrizione artificiale (enterale o parenterale). Nello studio appena pubblicato infatti la somministrazione di supplementi nutritivi entro 48 ore dal ricovero, correlava con una riduzione del rischio di mortalità (-12%)”.
“Un paziente anziano ed edentulo o che mastichi con difficoltà – ammonisce la professoressa Maria Cristina Mele – in appena tre giorni di ricovero può andare incontro a malnutrizione; per questo è fondamentale richiedere subito una valutazione nutrizionale, se possibile entro 48 ore dall’ingresso in reparto, per intervenire prima che il problema si instauri e vada a complicare e a prolungare la degenza.
I risultati di questo studio – prosegue la professoressa Mele - aggiungono ulteriori dati a quanto già emerso dalla letteratura internazionale e da nostre precedenti pubblicazioni. Oggi, il problema malnutrizione, studiato trasversalmente in tutto il mondo, rappresenta una vera emergenza, alla luce della sua prevalenza e delle complicanze che può favorire. Il Policlinico Gemelli è uno dei primi ospedali d’Italia soprattutto in ambito oncologico, dove il rischio malnutrizione è molto più alto che in altri contesti. Nel percorso di cura della maggior parte dei tumori, in particolare di quelli localizzati nel tratto gastro-intestinale, è sempre presente uno stato di malnutrizione, che va correttamente individuato, e sul quale è necessario agire prontamente. È dunque importante che le grandi strutture ospedaliere potenzino sempre più le attività di nutrizione clinica per consentire a medici nutrizionisti e dietisti di raggiungere il maggior numero di pazienti possibile. E lo score CONUT, che con questo studio abbiamo dimostrato essere un predittore semplice e affidabile della durata del ricovero e della mortalità intra-ospedaliera, permette ai clinici di allertarsi e di richiedere tempestivamente un intervento nutrizionale specialistico”.
Notizie specifiche su: malnutrizione, ricovero, ospedale, 29/03/2023 Andrea Sperelli


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