(2° pagina) (Torna
alla 1° pagina..) di Bologna -. Quindi le crisi epilettiche sono fra i sintomi più tipici, insieme a quelli legati all’aumento di pressione nella cavità cranica (vomito, mal di testa, stato stuporoso, vertigini). A seconda della loro aggressività biologica, poi, gli oligodendrogliomi si dividono in gradi 2 (meno aggressivi) e gradi 3 (più aggressivi) - continua l'esperto -. Sono caratterizzati da caratteristiche molecolari specifiche (la mutazione del gene IDH e la codelezione dei cromosomi 1p19q) che conferiscono, nell'ambito dei gliomi, una prognosi più favorevole».
La sopravvivenza a 5 anni supera l’85% nei pazienti con oligodendroglioma di grado 2 ed è di circa il 75% nei pazienti di grado 3. A 10 anni è vivo il circa il 70-75% dei pazienti con neoplasia di grado 2 e circa il 60% con grado 3.
I dati fanno riferimento allo studio POLA, che ha registrato i trattamenti chemioterapici erogati dopo la radioterapia in oltre 300 pazienti operati per un oligodendroglioma di grado 3.
I risultati sulla sopravvivenza di 207 pazienti trattati con chemioterapia standard basata su 3 farmaci (procarbazina, CCNU e vincristina) sono stati messi a confronto con quelli relativi a un gruppo di 98 pazienti curati invece con un singolo farmaco, la temozolomide. In entrambi i casi si aggiungeva la radioterapia. L’aspettativa di vita a 5 anni è stata dell’89% nel gruppo trattato con PCV rispetto al 75% del gruppo temozolomide. Quella a 10 anni è stata rispettivamente del 72 e del 60 per cento.
«È una differenza che è stata considerata statisticamente significativa e che ci fornisce un dato di confronto finora mancante, che potrà dunque aiutare noi oncologi nelle future scelte terapeutiche», commenta Franceschi.
A quale sia il trattamento standard per gli oligodendrogliomi risponde Franceschi: «L’intervento chirurgico per rimuovere completamente o in parte il tumore è l’elemento cardine anche perché permette di formulare la diagnosi microscopica e molecolare integrata. A seconda del grado e dei fattori di rischio i trattamenti postchirurgici possono invece variare. Negli oligodendrogliomi di grado 2, in base criteri di rischio che sono valutati dopo l’intervento chirurgico (età, eventuali residui di malattia) è possibile scegliere fra sola osservazione e il trattamento con radioterapia seguita da chemioterapia.
Oltre a queste due opzioni, di recente sono stati pubblicati anche i dati relativi a un nuovo farmaco, vorasidenib, che inibisce una specifica mutazione a carico del gene IDH e che può permettere di posticipare i trattamenti radio e chemioterapici in alcuni pazienti selezionati.
Nei casi invece di oligodendroglioma di grado 3, in cui è presente una maggiore aggressività biologica, generalmente il trattamento di scelta dopo la chirurgia consiste in radioterapia seguita da polichemioterapia - conclude Franceschi -. Che si conferma, alla luce dello studio POLA, la strategia per ora migliore».
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20/06/2024 Andrea Piccoli
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