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alla 1° pagina..) chemioterapia a una parte delle persone colpite dalla neoplasia in fase avanzata.
“In questi pazienti le cellule tumorali incorrono con alta frequenza in processi di mutazione e riparazione di piccole sequenze di DNA ripetute, accumulando un numero di alterazioni genetiche tale da essere facilmente riconoscibili dal sistema immunitario – afferma Fortunato Ciardiello, Professore Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli di Napoli -. Ed è proprio questa caratteristica a rendere efficace l’approccio immuno-oncologico in questo tipo di tumore del colon-retto. Il ruolo dell’immunoterapia è stato evidenziato dallo studio di fase 3 KEYNOTE-177, che ha coinvolto 307 persone. Pembrolizumab in monoterapia ha significativamente ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 40% e ha più che raddoppiato la sopravvivenza libera da progressione mediana, raggiungendo 16,5 mesi rispetto a 8,2 mesi con la chemioterapia, che fino a oggi ha rappresentato lo standard di cura”.
Presentati per la prima volta a maggio 2020 al Congresso della Società Americana di Oncologia Clinica (ASCO), i risultati dello studio KEYNOTE-177 hanno condotto, nel gennaio 2021, all’approvazione di pembrolizumab da parte della Commissione europea proprio nella terapia di prima linea del tumore del colon-retto inoperabile o metastatico con alta instabilità dei microsatelliti o deficit di riparazione del mismatch.
“L’esecuzione dei test per la valutazione del deficit di riparazione del mismatch era già raccomandata nella classificazione dei tumori gastrointestinali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità pubblicata nel 2019 per tutti gli adenocarcinomi del colon. E oggi diventa ancora più importante in seguito alla rimborsabilità di pembrolizumab da parte di AIFA – spiega Matteo Fassan, Professore Ordinario di Anatomia Patologica all’Università degli Studi di Padova e coordinatore nazionale del gruppo di studio dei patologi dell’apparato digerente di SIAPeC-IAP (Società Italiana di Anatomia Patologica e Citopatologia Diagnostica) -. Siamo di fronte al primo biomarcatore con un triplice valore. Il primo è diagnostico perché permette di identificare i pazienti con sindrome di Lynch, una patologia eredofamiliare associata in particolare all’adenocarcinoma del colon e dell’endometrio e consente quindi, una volta scoperta l’alterazione, di identificare coloro che dovranno seguire programmi di follow-up e terapia specifici. Il secondo è di carattere prognostico, infatti le neoplasie affette da deficit di riparazione del mismatch sono di solito associate ad un decorso clinico più favorevole negli stadi non avanzati. Il test, infine, ha anche un valore predittivo poiché permette di identificare i pazienti che rispondono all’immunoterapia”. “È importante che il test venga eseguito seguendo protocolli standardizzati, in linea con le raccomandazioni nazionali e internazionali – continua il prof. Fassan -. È indicata innanzitutto l’indagine immunoistochimica per la valutazione dell’espressione delle proteine del complesso del DNA ‘mismatch repair’. Quando questo complesso non funziona, la cellula accumula mutazioni e ‘mostra’ la sua identità al sistema immunitario. Per confermare questo malfunzionamento, si ricorre anche all’analisi molecolare dei microsatelliti, cioè lo studio di sequenze molto corte ripetute di DNA non codificante che rappresentano dei loci dove si accumulano frequentemente le mutazioni. L’instabilità dei microsatelliti rappresenta pertanto un segno indiretto del deficit del mismatch”.
“Grazie all’approvazione di AIFA, pembrolizumab diventa il nuovo standard di cura dei pazienti con carcinoma colorettale metastatico con elevata instabilità dei microsatelliti o deficit del ‘mismatch repair’ – spiega il prof. Ciardiello, che è sperimentatore principale dello studio KEYNOTE-177 per l’Italia -. Nello studio, anche la percentuale dei pazienti che hanno riportato una diminuzione delle dimensioni del tumore (tasso di risposta obiettiva) era migliore con pembrolizumab, pari al 44% rispetto al 33% con chemioterapia. L’11% dei pazienti trattati con pembrolizumab ha mostrato risposta completa (nessun tumore rilevabile) rispetto al 4% di coloro che hanno ricevuto chemioterapia. Inoltre, nel 33% delle persone sottoposte a immunoterapia vi è stata una riduzione delle dimensioni del tumore (risposta parziale) rispetto al 29% trattate con terapia standard”.
Il 20% dei casi di tumore del colon-retto, purtroppo, è scoperto in fase metastatica. La malattia avanzata, di solito, non è adatta a un intervento chirurgico potenzialmente curativo, ma, grazie alle nuove terapie, la sopravvivenza è migliorata. “Il tumore del colon-retto insorge, in oltre il 90% dei casi, a partire da lesioni precancerose che subiscono una trasformazione neoplastica maligna – afferma il prof. Ciardiello -. Tra i fattori di rischio rientrano gli stili di vita scorretti, in particolare sedentarietà, fumo di sigaretta, sovrappeso, obesità, consumo di farine e zuccheri raffinati, carni rosse e insaccati e ridotta assunzione di fibre vegetali. Gli stili di vita sani devono essere rispettati anche dopo la diagnosi, sia per prevenire l’insorgenza di recidive che per migliorare l’efficacia dei trattamenti”.
“Questa nuova approvazione di AIFA – conclude Nicoletta Luppi, Presidente e Amministratore Delegato MSD Italia – si aggiunge alle dieci indicazioni di pembrolizumab già rimborsate in Italia per il trattamento di ben sette diverse neoplasie. L’ottenimento della rimborsabilità, accompagnata dal riconoscimento di innovatività, è qualcosa che oggi in oncologia è riservato a pochissime opzioni di trattamento e solo a quelle molecole che si distinguono per la capacità di soddisfare, in maniera significativa, importanti bisogni terapeutici. Si aggiunge così un’ulteriore pietra miliare per i pazienti poiché, per la prima volta, i clinici avranno a disposizione anche un’immunoterapia per il trattamento di un tumore molto frequente, come quello del colon retto. Sono questi i traguardi che ci rendono orgogliosi e ci dimostrano che il nostro approccio ‘science-driven’, che fa della Ricerca e dello Sviluppo la nostra vocazione, deve continuare ad essere ciò che anima e guida il nostro impegno quotidiano volto ad innovazioni in grado di offrire nuove prospettive e speranza di vita ai pazienti e alle loro famiglie”.
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02/03/2022 Andrea Sperelli
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