(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) la riproduzione) e ai nanomateriali, mentre dall'11 luglio 2013 è entrato in vigore il nuovo regolamento sui cosmetici affinché gli Stati membri della Comunità Europea uniformino gli standard di qualità dei cosmetici e le loro procedure di immissione sul mercato”.
Sicurezza, affidabilità e mancanza di tossicità sono così diventati i parametri richiesti perché un cosmetico possa essere messo in commercio. “Tuttavia – continua la prof.ssa Romano - attualmente la legge non prevede che i cosmetici debbano corrispondere ad alcuno standard di ecologicità, sostenibilità ambientale o biodegradabilità e dermocompatibilità, nonostante i dati scientifici confermino che esiste uno stretto legame tra la pelle e l'ambiente. Non dimentichiamo, infatti, che ciò che fa male alla pelle fa male all’ambiente e viceversa, ma non sempre questo principio viene rispettato, perciò può accadere che un cosmetico sia poco efficace o addirittura dannoso per la pelle nonostante sia stato approvato dagli organi competenti”.
Così come già successo per il cibo, la scelta dei consumatori dovrebbe essere sempre più influenzata da criteri di eco-sostenibilità e attenzione alla salute anche per quel che riguarda i cosmetici ed è per questo motivo che Skineco ha voluto dedicare una giornata all’informazione con la tavola rotonda “Etica e sostenibilità della bellezza: inquinamento e dermo-cosmesi”, in cui dermatologi, cosmetologi, chimici, farmacisti ed esperti del settore ambientale si sono confrontati sui temi dell'ambiente, dell’eco-compatibilità e della dermo-compatibilità.
Da questa sinergia di figure è nato il decalogo del cosmetico consapevole e sostenibile:
1) Deve essere eco-dermo-compatibile. “Per essere davvero utile, efficace e non dannoso – spiega la prof.ssa Pucci Romano - un cosmetico deve rispondere non solo alle normative che già lo regolamentano, ma anche a due nuove esigenze. Innanzitutto l’affinità con la pelle (dermo-compatibilità), ossia la compatibilità del prodotto con l’ecosistema cutaneo. E poi il rispetto per l’ambiente ovvero l’ecologicità, che riguarda tutta la filiera produttiva, dalla composizione al packaging al corretto smaltimento. Non dimentichiamo, infatti, che tutto ciò che ci spalmiamo addosso poi, attraverso l’acqua, va a finire nei fiumi e da lì nel mare, rischiando di inquinare interi ecosistemi”.
2) Deve fare appello al principio di precauzione. “Ciò che va sottolineato - suggerisce la Romano – è che l’approccio al cosmetico è in continuo dinamismo. Molte sostanze che avevano il placet della UE ieri, oggi sono state vietate. Un esempio è l’ossido di zinco, drasticamente eliminato, senza margine di tempo, dalle polveri. Purtroppo, nostro malgrado, non siamo ancora in grado di creare delle linee guida precise. Questo perché le sperimentazioni vengono fatte solo in vitro o sui ratti, per motivi etici mai sull’uomo. Inoltre, per quanto un test sia accurato, non tiene conto di ciò che accade sulla lunga distanza in seguito all’esposizione ad una sostanza. Chi mi dice cosa accadrà tra venti anni? Pensiamo che, solo tra i perturbatori endocrini, esistono ancora 197 sostanze non indagate ma che vengono ugualmente utilizzate nei cosmetici. In questa ambiguità permanente, meglio fare appello al “principio di precauzione”, cioè nel dubbio non lo faccio”. È opportuno leggere l’INCI sulla confezione, ossia la lista degli ingredienti contenuti, elencati in ordine di quantità dalla percentuale più elevata. “Bisogna controllare che tra i primi componenti dell’etichetta non figurino sostanze come siliconi e petrolati poiché alcune di queste sostanze sono state catalogate come cancerogene di tipo 2 e perciò non possono essere presenti nei cosmetici in una percentuale maggiore del 3%. Per essere impiegati in cosmetica devono essere purificati, ma una volta purificati diventano grassi saturi, quindi assolutamente inerti nei confronti della pelle e spesso la modalità della purificazione non viene comunicata”, conclude l’esperta.
3) È attento all’uso di emulsionanti. “Ricordate i suffissi PEG (6, 20, 75), Eth e Oxynol, come ad esempio il Polyethyleneglycole”, spiega la prof.ssa Romano. “Queste sostanze sono utilizzate per ottenere un effetto viscoso o emolliente. Peccato che molto spesso non mantengano la promessa di idratare, anzi nascondano il reale stato di salute della pelle. Altre sostanze come l’ethylene glycol, invece, oltre a essere dannose per la salute rappresentano un rischio anche per l’ambiente, poiché danneggiano l'ozono”.
4) Non ha conservanti allergenizzanti. “Si tratta spesso – spiega la dermatologa – di conservanti che vengono aggiunti ai solari, e in generale ai cosmetici, per impedirne l'inquinamento microbico. Eppure, mentre agiscono contro un ampio spettro di microrganismi, possono creare irritazioni, eczemi, prurito e dermatiti da contatto. Molti cosmetici contengono cessori di formaldeide, sostanze altamente allergizzanti e, ciò che è più grave, persino cancerogene. Eppure, secondo la normativa vigente, i cessori non sono solo ammessi ma, se contenuti in quantità inferiore allo 0,05%, possono persino non figurare nell’INCI poiché non c’è l’obbligo di segnalarne la presenza nel prodotto. Occorre perciò fare molta attenzione”.
5) Non contiene perturbatori endocrini. “Gli interferenti endocrini (EDC) – dice la professoressa Annamaria Colao, professore di Endocrinologia presso l’Università Federico II di Napoli – comprendono una vasta gamma di sostanze o miscele di sostanze che alterano il sistema endocrino, con conseguenze sulla salute di una persona o sulla sua progenie. Sono in grado di legarsi come agonisti o antagonisti ai recettori di vari ormoni, alterando ad esempio il momento della pubertà e la riproduzione. Agiscono su tre livelli: sull’ipotalamo, sull’ipofisi e sugli organi bersaglio: ovaie, testicoli, tiroide e surreni”. “Il regolamento europeo datato 2009 - aggiunge la prof.ssa Pucci Romano - proibisce l’uso di estrogeni, ma non norma gli interferenti endocrini, anche detti perturbatori, sostanze sulle quali sono attualmente in corso degli studi e che, si ipotizza, possano avere una serie di effetti dannosi sull’organismo. Il principio di precauzione impone prudenza nell’impiego di prodotti o tecnologie nuove se non esistono ancora prove scientifiche che questi non siano assolutamente sicuri per la salute. Proprio appellandosi a questo principio, alcune aziende cosmetiche per la prima volta hanno scelto di non utilizzare gli interferenti endocrini. Sono presenti soprattutto nei filtri solari chimici. In attesa che si faccia chiarezza, dobbiamo prestare attenzione alla presenza di parabeni, benzofenone e cinnamati”.
6) Tiene sotto controllo la presenza di DEA, Cocamide DEA, Lauramide DEA. “Sono utilizzati – spiegano gli esperti Skineco - per controllare la viscosità o come stabilizzanti della schiuma.
Se nel prodotto, però, sono presenti anche sostanze nitrosanti, si possono generare nitrosammine, dal noto potere cancerogeno. Il loro utilizzo è pertanto normato, ma solo per la cocamide DEA si prevede il divieto di inserirla laddove sia presente il 2-bromo-2- nitropropane-1,3 diol o altra sostanza nitrosante. Il punto è che, al di là del rischio impurezze, i residui cosmetici finiscono nell'ambiente, e queste sostanze possono lì incontrare le sostanze nitrosanti che facilmente, mescolandosi alle DEA, daranno luogo a nitrosammine. Come a dire che, se non mettiamo nitrosammine addosso a noi, le facciamo realizzare nell'ambiente, con conseguente aumento dell'inquinamento e del rischio cancerogeno per tutti”.
7) È “sano”, anche se non necessariamente “naturale”. “Fatta eccezione per gli oli vegetali puri, il cosmetico 100% naturale non esiste, quindi non facciamoci condizionare dal marketing degli “ecofurbetti”, suggerisce la prof.ssa Romano. “Anche l’uranio, il petrolio e il mercurio, appartenendo al mondo minerale e sono a tutti gli effetti prodotti naturali, ma ciò non significa che siano buoni. Pertanto l’utilizzo del termine “naturale” è corretto se si vuole esprimere una filosofia di vita che includa soprattutto il rispetto per la natura”.
8) È formulato con la chimica “amica”. Ossia con l’utilizzo di componenti di sintesi che però rispettano i canoni dell’eco-dermo-compatibilità e tengono conto delle affinità e della compatibilità con le strutture della pelle.
9) È sostenibile. “Cioè capace di avvantaggiare il consumatore nell'uso”, spiega Francesco Tamburella, responsabile di CONSUMER LAB, Centro Studi che intende promuovere la cultura della sostenibilità. “Un prodotto cosmetico – aggiunge - è sostenibile quando crea valore reale per il consumatore, rinforza con l'uso l'autostima, non procura danni alla salute e/o all'ambiente, espone con chiarezza le sue caratteristiche e gli effetti desiderati, non distorce la concorrenza con azioni commerciali scorrette e/o con pubblicità ingannevole. Inoltre, il principio di sostenibilità amplia e attualizza il principio di precauzione con maggiore efficacia poiché è più comprensibile e coinvolgente per i consumatori”.
10) È sistemico. Uomini, animali e natura: siamo tutti interconnessi. Caratteristica primaria del pensiero sistemico è lo slittamento di prospettiva dalle parti all’intero. Per questo, quando si parla di dermo-compatibilità non ci si può riferire solo all’utilizzo dei cosmetici, ma anche dei tessuti. Pensiamo ai perturbatori endocrini. Sono presenti non solo nei cosmetici e negli alimenti, ma anche, ad esempio, nei tessuti dei divani, alterando quella che l’imprenditrice Daniela Ducato definisce la “pelle delle case”, che ci avvolge come un vestito quotidiano. È la composta da tessili, pitture, mobili, rivestimenti, parquet, isolanti e non solo. Trascorriamo le giornate a casa, a scuola o in ufficio. Nella camera da letto, in particolare, passiamo 1/3 della nostra vita. Ma siamo sicuri che ciò che ci avvolge sia assolutamente sicuro e salutare? “In questo momento in cui la normativa vigente è ancora carente – spiega la Ducato - più che trovare una soluzione possiamo ridurre il danno e scegliere materiali rinnovabili garantiti dalla certificazione etica ambientale per tutelare non solo la nostra salute, ma quella del mondo intero. Occorre, inoltre, non lasciarsi ingannare dalle “eco promesse”. Si parla tanto di fibre di plastica riciclata da indossare come di un tessuto ecosostenibile. Ma ricordiamo sempre che stiamo indossando della plastica, tessuti di petrolio che per essere realizzati e dichiarati riciclati utilizzano il 40- 50% di altra plastica vergine, innalzando così la richiesta di derivati petrolchimici, materiali che non fanno bene né a noi, né all’ambiente. Inoltre, con il lavaggio questi indumenti rilasciano nell’ambiente dannose microplastiche. Meglio preferire fibre da fonti rinnovabili, sia fibre vergini sia provenienti dal recupero di sottolavorati o scarti”.
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02/11/2018 Andrea Sperelli


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