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alla 1° pagina..) recupero dei linfociti CD4+, le cellule immunitarie che “orchestrano” la risposta immunitaria e che vengono “aggredite” dal virus HIV, – spiega Barbara Ensoli, Direttore del CNAIDS dell’ISS e coordinatrice dello studio – tuttavia, dopo alcuni anni di terapia, l’aumento dei linfociti CD4+ rallenta ed eventualmente si arresta, anche se non ha raggiunto i livelli ottimali, soprattutto nei pazienti che iniziano tardi la terapia. Inoltre, anche nei pazienti in trattamento efficace permangono bassi livelli di viremia intermittente, denominata viremia residua, che è causa di progressione e co-morbilità. Il nostro studio, condotto in pazienti in terapia cronica e seguiti per 3 anni, ha identificato nella risposta immune a Tat il fattore determinante per il perdurare dell’aumento delle cellule CD4 e per il controllo della viremia residua”.
D’altra parte, “gli anticorpi anti-Tat sono infrequenti nei pazienti infettati (20-30%), ma quando presenti si associano a un maggiore controllo della viremia residua, e a livelli di cellule CD4 più elevati, con dinamiche di incremento nel tempo superiori rispetto a quanto osservato in pazienti che non hanno risposte immuni anti-Tat – aggiunge la Dr.ssa Ensoli – In questi pazienti si ha anche un miglioramento del funzionamento del sistema immune (immunoricostituzione) rispetto ai pazienti che non hanno questa risposta immune alla proteina Tat. Ciò conferma i risultati positivi con il vaccino Tat che ha completato la Fase II di sperimentazione nell’uomo sia in Italia che in Sudafrica con effetti positivi che perdurano anche dopo 8 anni dalla vaccinazione”.
Fonte: EBioMedicine
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09/04/2021 Arturo Bandini
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