(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) nociva. Rilasciate precocemente dal midollo osseo, a causa della loro immaturità, tali cellule, nel topo anziano, si accumulano in eccesso nell’area cerebrale colpita diventando capaci di aggravare il danno ischemico, con conseguente peggiore disabilità e mortalità.
La scoperta di questa alterazione nella risposta immunitaria, definita dai ricercatori “granulopoiesi abnorme”, rappresenta un contributo importante alla comprensione delle conseguenze dell’ictus cerebrale ischemico e, identificando nuovi bersagli terapeutici, apre la strada allo sviluppo di nuove terapie per questa malattia. Possibilità concreta anche perché i ricercatori hanno confrontato i risultati ottenuti in laboratorio con campioni di sangue di persone adulte e anziane colpite da ictus, ricoverate nella Stroke Unit dell’Ospedale San Raffaele. Anche in questi pazienti, e in particolare in quelli di età più avanzata, è stata evidenziata la presenza di una granulopoiesi abnorme, simile a quella trovata nel topo anziano.
“Recentemente l’Ospedale San Raffaele ha lanciato un programma strategico pluriennale di ricerca biomedica all’interno del quale gioca un ruolo preminente l’ambito finalizzato a studiare l’invecchiamento. Combinando expertise di ricerca e di clinica ci proponiamo di comprendere in maggior dettaglio non solo i meccanismi legati l’invecchiamento ma anche come tali meccanismi possono favorire o addirittura determinare l’insorgere di tante gravi malattie tra cui le malattie cerebrovascolari e neurodegenerative. Questo risultato è uno dei frutti concreti di questo programma perché, non solo partendo dall’osservazione sperimentale disegna le basi per sviluppare nuove e più efficaci strategie terapeutiche, ma anche perché ci fa intravedere una delle possibili strade da percorrere per garantire un avanzare degli anni in buona salute e liberi da malattie”, spiega il professor Gianvito Martino, direttore scientifico dell’IRCCS Ospedale San Raffaele.
Studi precedenti avevano descritto il peggiore esito in termini di disabilità e mortalità dopo ischemia cerebrale in animali anziani e maggiore disabilità presente anche nei pazienti anziani con ischemia. “Proprio come avviene nell’uomo, la disabilità nel topo dopo ischemia cerebrale aumenta con l’avanzare dell’età e si assiste a una maggiore mortalità e difficoltà di recupero. Sapevamo anche che l’invecchiamento causa alterazioni del sistema immunitario, in particolare della capacità da parte del midollo osseo di produrre meno linfociti e più neutrofili, ma oggi con questo lavoro abbiamo compreso la causa e il meccanismo”, spiega Marco Bacigaluppi, neurologo e ricercatore.
I ricercatori quindi, partendo dall’osservazione clinica, hanno studiato in laboratorio la diversa risposta infiammatoria che si genera dopo l’ischemia all’interno del tessuto cerebrale del topo anziano e giovane e, utilizzando tecnologie di trascrittomica a singola cellula e citofluorimetria multicolore ad alta definizione, in collaborazione con gruppi di ricerca nazionali ed internazionali, hanno potuto caratterizzare l’aumento nei topi più anziani di specifiche sottopopolazioni di neutrofili immaturi con caratteristiche pro-infiammatorie e pro-trombotiche.
I neutrofili sono una popolazione eterogenea di cellule del sistema immunitario prodotti dal midollo osseo. Una volta maturi, migrano nel sistema sanguigno pronti per svolgere la loro azione contro gli agenti estranei, soprattutto infettivi, per preservare l’integrità biologica dell’organismo. È noto ormai che i neutrofili siano una popolazione eterogenea di globuli bianchi con molteplici e differenti funzioni: possono svolgere un ruolo fondamentale nel combattere le infezioni ma in alcune situazioni specifiche possono anche peggiorare un danno.
In caso di ictus ischemico, essi vengono richiamati in emergenza nella sede del danno cerebrale per fare il loro dovere. Nell’individuo anziano, tuttavia, non riescono a completare la maturazione nel midollo e migrando immaturi tendono ad accumularsi in sovrannumero nella sede del danno causando un peggioramento alla microcircolazione cerebrale (peggiore riperfusione) e di conseguenza un aggravamento dell’ictus.
Con una controprova hanno “ringiovanito” il midollo osseo dei topi più vecchi - prima dell’ischemia cerebrale - e hanno visto che tale procedura è stata in grado di ripristinare la normale granulopoiesi, migliorando l’esito dell’ictus.
“Questo e ulteriori studi molecolari e funzionali sulla differenziazione dei neutrofili apriranno la strada allo sviluppo di approcci efficaci e selettivi per riequilibrare la granulopoiesi che avviene nella popolazione anziana allo scopo di interferire tempestivamente con l’insorgenza di sottoinsiemi patogeni di neutrofili”, spiega Bacigaluppi.
L’obiettivo di studi futuri, e già in parte in atto, sarà quello di sviluppare molecole specifiche che interferendo con i meccanismi molecolari identificati possano normalizzare la granulopoiesi abnorme. Lo scopo ultimo è di mettere a punto nuove strategie terapeutiche che possano risultare efficaci nelle malattie cerebrovascolari, che a livello mondiale rappresentano la seconda causa di morte e una delle principali cause di disabilità. In Italia sono circa 185.000 le persone colpite da ictus ogni anno.
Notizie specifiche su: ictus, ischemico, globuli, 18/05/2023 Andrea Sperelli


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