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alla 1° pagina..) Vergata e della Fondazione S. Lucia, coordinati dalla Prof.ssa Cristina Zona, è stato dimostrare che gli aminoacidi ramificati (BCAA), contenuti negli integratori alimentari, possono causare alterazioni delle cellule nervose rendendole simili a quelle osservate nelle persone malate di SLA. La ricerca ha avuto un triplice finanziamento, è stata infatti realizzata grazie a fondi del Ministero della Salute, dall'Istituto Superiore di Sanità e dalla Wyeth Italia.
Una delle ipotesi avanzate nel lavoro in questione, fornita per tentare di spiegare la maggiore incidenza di SLA tra i calciatori italiani rispetto al resto della popolazione, è proprio l'uso incontrollato di integratori alimentari assunti dagli atleti per migliorare le proprie prestazioni sportive, e per accorciare i tempi di recupero fisico dopo una intensa attività agonistica. Partendo da tale ipotesi, i ricercatori romani hanno dimostrato, sia 'in vivo' che 'in vitro', che cellule nervose esposte agli aminoacidi ramificati sviluppano delle proprietà simile a quelle delle cellule colpite da SLA. Hanno quindi esposto delle cellule in vitro a questi aminoacidi e hanno cresciuto topi di laboratorio alimentandoli con cibo contenente alte concentrazioni di gli aminoacidi ramificati.
In entrambi i modelli sperimentali è stato osservato il cambiamento dei neuroni.
E' stato quindi evidenziato, per la prima volta, un possibile legame tra l'anomala incidenza di SLA nella popolazione calcistica italiana e l'assunzione fuori controllo di integratori alimentari contenenti alte dosi di BCAA. I risultati sperimentali sono stati pubblicati sulla rivista internazionale Experimental Neurology e mettono in risalto l'esigenza di un più attento controllo e di una maggiore informazione e sull'assunzione di sostanze non sottoposte a monitoraggio medico e solo apparentemente innocue. La lesione caratteristica della Sclerosi Laterale Amiotrofica è la degenerazione delle vie motorie, sia a livello dei motoneuroni del midollo spinale che a livello dei nuclei motori del tronco cerebrale e della corteccia motoria.
La sintomatologia inizia con debolezza degli arti, crampi muscolari e fascicolazioni.
Il deficit motorio può coinvolgere i muscoli fonatori causando disartria, i muscoli volontari della faringe provocando disfagia, ed anche i muscoli respiratori, complicanza questa mortale in assenza di presidi idonei per la respirazione assistita.
Da diversi anni si cerca di correlare l'insorgere della SLA e il gioco del calcio, le cause ipotizzate finora spaziavano dal sospetto doping all'uso dei diserbanti per i campi di calcio, per arrivare ai traumi cerebrali a cui sono sottoposti i calciatori con i continui colpi di testa. Difatti il calcio rappresenta, per molti studiosi, una disciplina sportiva a rischio di SLA per i continui traumatismi ai quali è sottoposto il sistema nervoso centrale mediante il colpo di testa. I giocatori di calcio infatti, colpiscono la palla di testa senza avere nessuna protezione. La forza con cui il pallone impatta sul cranio è di circa 500-1200 Newton, tuttavia essa si distribuisce prontamente anche sul collo e sul tronco.
Diverso è invece, ad esempio, il caso dei pugili, categoria a rischio per lo sviluppo di un’altra malattia neurodegenerativa, la cosiddetta “demenza pugilistica”. Questi atleti ricevono pugni sulla faccia e sulla scatola cranica che hanno una forza molto più elevata (fino a 6300 Newton) e che viene quasi del tutto assorbita dalla testa e dal cervello. Interessante è che solo i pugili che presentano una determinata predisposizione genetica (allele APO E4) sviluppano la demenza di grado severo.
Altri studi hanno inoltre dimostrato che, in seguito a traumi cerebrali anche di lieve entità, aumentano i livelli plasmatici e nel liquido cefalo-rachidiano di una proteina (s-100 betaproteina) indice che le cellule nervose stanno soffrendo. Per mesi rimangono i segni di tale sofferenza e se la zona già lesa viene colpita nuovamente, la lesione che si viene a creare è molto più grave della prima. Già nel 1996, per tale scoperta, la federazione hockey internazionale, vietò di giocare senza casco omologato; attualmente l’intervento di testa è severamente vietato per i calciatori di età inferiore ai 16 anni dalla federazione olandese gioco calcio. Rod Markham, neuropsicologo di Sydney, nel giugno 2004, espone al giornale La Stampa la sua ricerca; avendo studiato per tre anni la malattia, analizzando le scatole craniche di alcuni calciatori professionisti, ha concluso che dovrebbero essere vietati i colpi di testa (oppure i calciatori dovrebbe essere obbligatorio l'uso di un casco), in quanto responsabili di micro-traumatismi cumulativi. Tuttavia sono ancora scarse le evidenze scientifiche sul ruolo del neurotrauma nelle genesi della SLA e alcuni studi, tra i quali uno pubblicato su Neuroepidemiology nel 1999, non hanno confermato tale associazione.
Un’altra ipotesi avanzata da alcuni ricercatori (Felmus 1976; Granieri 1988; Gregoire 1991) è che l’attività fisica vigorosa possa, assieme ad altri fattori ambientali e costituzionali, essere responsabile dell’insorgeneza della malattia. Studi precedenti, ma indiretti, hanno dimostrato che durante l’esercizio fisico si ha la produzione di specie reattive dell’ossigeno. I radicali liberi dell’ossigeno si creano, nei calciatori, dalla combinazione dello sforzo fisico intenso con altri fattori; in effetti le abitudini alimentari, l’uso prolungato di farmaci antinfiammatori, le ischemie ripetute seguite da iperivascolarizzazione (dovute ai microtraumatismi o all’attività anaerobica prolungata seguita da improvvisa riossigenazione) possono rappresentare ulteriore fonte di stress ossidativo, al quale il sistema nervoso centrale è particolarmente sensibile. Esso contiene infatti una grande quantità di substrati facilmente ossidabili.
Alcuni studi epidemiologici hanno anche evidenziato un’associazione fra SLA ed esposizione ad agenti tossici. Tra quelli maggiormente chiamati in causa sono i pesticidi e i fertilizzanti. In effetti secondo uno studio epidemiologico condotto in Sardegna, la prevalenza della malattia tra gli agricoltori è doppia rispetto alla popolazione generale. Tali sostanze utilizzate anche per la manutenzione del campo da gioco potrebbero essere responsabili oltremodo dell’insorgenza della malattia tra i calciatori.
Alcuni studiosi hanno proposto invece la patogenesi autoimmunitaria. Hanno infatti dimostrato la presenza di disordini linfoproliferativi e anticorpi anticanali del calcio “L-type voltage-gated” in alcuni casi di SLA.
In un articolo, apparso su Current Medical Research and Opinion (vol 20 n 4 del 2004), gli autori parlano di “Motor neurone Mystery”, frase usata per la prima volta da Tom Kington nel suo articolo comparso il 25 Febbraio 2003 sul sito internet della Uefa, nel quale si faceva riferimento ad inchieste giornalistiche e giudiziarie italiane sull’abuso di farmaci nello sport. Dallo studio epidemiologico condotto su 24.000 calciatori che avevano giocato tra il 1960 e il 1996, sembra emergere che la SLA abbia una prevalenza nei giocatori di calcio 20 volte superiore a quella della popolazione in generale.
E’ stata quindi ipotizzata una correlazione fra doping e SLA specialmente in atleti di alto livello. In un recente studio, pubblicato su Lancet Neurology, Simone Beretta ha ipotizzato che l’abuso di farmaci antinfiammatori possa giocare un ruolo importante nella morte dei motoneuroni. Secondo Beretta infatti mentre il corretto uso di queste sostanze impedisce l’attivazione gliale (coinvolta nell'apoptosi dei neuroni), l’abuso provocherebbe una permanente inibizione di questa attivazione, responsabile della degenerazione dei motoneuroni nella SLA.
Tuttavia le possibili connessioni tra SLA e Doping non sono ancora state trovate.
Anche perché questi dati sono frutto di inchieste giudiziarie e giornalistiche, rendendo quindi difficilmente sostenibile l’ipotesi che il doping e lo sforzo fisico possano essere responsabili dell’insorgenza della malattia; infatti in un gruppo di 6000 ciclisti professionisti degli ultimi 30 anni, nei quali si sono registrati numerosi casi di eteroplasia, nessuno risulta deceduto o affetto dalla SLA.. Tutto ciò ha comunque scatenato un interesse generale cosicché molti ricercatori stanno tuttora indagando sulla possibile relazione tra doping e calcio.
Dunque ci sono studi che ci dicono tre cose. Tre fattori scatenanti della SLA e delle neoplasie nel mondo del calcio; l’abuso dei farmaci antinfiammatori, l’esposizione a pesticidi e fertilizzanti tossici utilizzati sui campi da gioco e la correlazione tra genetica e fattori ambientali inquinanti.
Il nuovo lavoro dell'università milanese aggiunge anche gli integratori alimentari con aminoacidi ramificati al banco degli imputati.
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Silvia Maglioni
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