(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) (PFS) nei pazienti con tumore del polmone non a piccole cellule di Stadio III, non resecabile, con mutazione del recettore del fattore di crescita epidermico (EGFRm) – con delezioni dell’esone 19 o mutazione dell’esone 21 – dopo chemio-radioterapia (CRT) rispetto a placebo dopo CRT.
Osimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell’84% rispetto a placebo (HR 0,16; intervallo di confidenza [CI] 95% 0,10-0,24; p<0,001) come valutato dal comitato scientifico indipendente di revisione (BICR). La sopravvivenza libera da progressione mediana è risultata pari a 39,1 mesi nei pazienti trattati con osimertinib rispetto a 5,6 mesi nei pazienti trattati con placebo. È importante notare che il beneficio di PFS clinicamente significativo è stato osservato in tutti i sottogruppi predefiniti tra cui sesso, etnia, tipo di mutazione EGFR, età, storia di tabagismo e CRT precedente.
Coerentemente, i dati di sopravvivenza globale (OS) hanno mostrato un andamento favorevole con osimertinib, benché non fossero maturi al momento dell’analisi. Lo studio continuerà a valutare la sopravvivenza globale come endpoint secondario.
“Gli straordinari risultati di sopravvivenza libera da progressione dello studio di Fase III LAURA rappresentano un importante passo avanti per i pazienti con tumore del polmone di Stadio III non resecabile con mutazione di EGFR, per i quali non sono disponibili trattamenti mirati – afferma Filippo de Marinis, Direttore della Divisione di Oncologia Toracica dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano e Presidente di AIOT (Associazione Italiana di Oncologia Toracica) -. Osimertinib ha ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte dell’84%, un risultato senza precedenti. Sulla base di questi dati, osimertinib dovrebbe diventare il nuovo standard di cura per questi pazienti”.
“Inoltre, in questo modo potremo offrire ai pazienti in stadio localmente avanzato un trattamento mirato in un setting ad intento curativo, cioè la terapia target anti-EGFR con osimertinib, in grado di ottimizzare l’efficacia della chemio-radioterapia – sottolinea Sara Ramella, Direttore Radioterapia oncologica e Professore Ordinario di Diagnostica per immagini e Radioterapia dell’Università Campus Bio-Medico di Roma/Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico -. Lo stadio III del carcinoma polmonare non a piccole cellule è un setting complesso, che non può prescindere dal coinvolgimento di un team multidisciplinare che comprenda oncologo medico, chirurgo e oncologo radioterapista per l’adeguata identificazione e la corretta gestione dei pazienti”.
Importanti anche i risultati dello studio di Fase III ADRIATIC, che mostrano che durvalumab ha prodotto miglioramenti statisticamente significativi e clinicamente rilevanti del duplice endpoint primario di sopravvivenza globale e sopravvivenza libera da progressione rispetto a placebo nei pazienti con tumore a piccole cellule di stadio limitato (LS-SCLC) non in progressione dopo lo standard di cura attuale rappresentato dalla chemio-radioterapia concomitante (cCRT).
I risultati dell’analisi ad interim pianificata mostrano che durvalumab ha ridotto il rischio di morte del 27% rispetto a placebo (HR OS pari a0,73; intervallo di confidenza [CI] 95% 0,57-0,93; p=0,0104). La sopravvivenza globale (OS) mediana è risultata pari a 55,9 mesi per durvalumab rispetto a 33,4 mesi per placebo. Il 57% dei pazienti trattati con durvalumab è vivo a tre anni rispetto al 48% dei pazienti trattati con placebo. Durvalumab ha inoltre ridotto il rischio di progressione di malattia o di morte del 24% (HR di PFS pari a 0,76; CI 95% 0,61-0,95; p=0,0161) rispetto a placebo. La sopravvivenza libera da progressione (PFS) mediana è stata pari a 16,6 mesi per i pazienti trattati con durvalumab rispetto a 9,2 mesi dei pazienti trattati con placebo. Si stima che il 46% dei pazienti trattati con durvalumab non abbia presentato progressione di malattia a due anni rispetto al 34% con placebo.
Il beneficio in termini di OS e PFS osservato nello studio è risultato coerente nei principali sottogruppi predefiniti di pazienti, che comprendevano età, sesso, etnia, stadio di malattia alla diagnosi, precedente radioterapia ed eventuale irradiazione cranica profilattica.
“Era da oltre 40 anni che non assistevamo a cambiamenti nello standard della terapia sistemica del tumore del polmone a piccole cellule di stadio limitato – spiega Filippo de Marinis –. ADRIATIC è il primo studio a evidenziare progressi con l’aggiunta dell’immunoterapia dopo la tradizionale chemio-radioterapia in questi pazienti. I risultati rappresentano una svolta per questa malattia altamente aggressiva in cui i tassi di recidiva sono elevati, con solo il 15-30% dei pazienti vivo a cinque anni. Durvalumab ha già dimostrato un beneficio nella malattia di stadio esteso, ora sono importanti i progressi nello stadio limitato. Nello studio ADRIATIC, il 57% dei pazienti è vivo a 3 anni. Durvalumab è la prima terapia sistemica, dopo decenni, a mostrare un miglioramento della sopravvivenza in questi pazienti e dovrebbe diventare un nuovo standard di cura in questo setting”.
“I risultati degli studi LAURA e ADRIATIC evidenziano come le terapie innovative possano davvero cambiare le prospettive di cura dei pazienti – afferma Silvia Novello, Presidente WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe), Ordinario di Oncologia Medica all’Università degli Studi di Torino e Responsabile Oncologia Medica all’Ospedale San Luigi Gonzaga di Orbassano -. Più di un paziente su sei con tumore del polmone non a piccole cellule riceve la diagnosi di malattia di Stadio III non resecabile e circa il 15% presenta la mutazione di EGFR. Questi sono i pazienti candidabili a ricevere la terapia mirata con osimertinib, ora anche in questo stadio di malattia. Dall’altro lato, il tumore del polmone a piccole cellule finora ha ricevuto meno attenzione rispetto ad altre neoplasie, anche a causa dello stigma sociale, riconducibile alla storia di tabagismo nella maggioranza dei pazienti. Il notevole miglioramento di sopravvivenza globale osservato con durvalumab dopo chemio-radioterapia concomitante è in grado di trasformare il trattamento della malattia anche nello stadio limitato, dopo gli importanti risultati già dimostrati dall’immunoterapia nello stadio esteso”.
Notizie specifiche su: polmone, tumore, osimertinib, 03/06/2024 Arturo Bandini


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