(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) per garantire l'accesso alle cure in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale. Il documento chiarisce, in particolare, e che sono posti a totale carico del Servizio sanitario nazionale i trattamenti sanitari, già previsti dai Lea o qualificati salvavita, compresi in ambito di diagnosi anche gli accertamenti genetici sui familiari, le prestazioni correlate al monitoraggio clinico, le terapie farmacologiche, anche innovative, le cure palliative, le prestazioni di riabilitazione e i percorsi assistenziali territoriali".
"Le difficoltà che si incontrano nell'individuare tempestivamente la malattia e il ruolo centrale del cardiologo hanno gettato le basi per la creazione del documento Percorsi diagnostico-terapeutici assistenziali per i pazienti con amiloidosi cardiaca - afferma Pasquale Perrone Filardi, presidente della Sic e direttore della Scuola di specializzazione in Malattie dell'apparato cardiovascolare dell'Università Federico II di Napoli - Il documento di consenso costituisce uno standard nazionale al quale poter fare riferimento per superare le principali criticità legate alla grande eterogeneità delle realtà sanitarie regionali, alla mancanza di specifiche strutture in molti centri (anatomia patologica, genetica, proteomica, ma anche immunofissazione e catene leggere libere), alla subottimale collaborazione tra territorio e centri di riferimento, alla difficoltà nella pratica clinica di realizzare una reale presa in carico globale e multidisciplinare, alla difficoltà di concentrare in un singolo centro un numero di pazienti sufficiente per acquisire esperienza e competenza gestionale clinica. Il Pdta consentirà la condivisione e il confronto di esperienze e promuoveranno appropriatezza, buone pratiche cliniche ed equità".
"L'amiloidosi cardiaca - illustra Giuseppe Limongelli, Unità operativa Malattie rare cardiovascolari dell'Ospedale Monaldi di Napoli e direttore del Centro di coordinamento malattie rare della Regione Campania - è una malattia rara causata da una mutazione nel gene transtiretina, che comporta un accumulo di proteine anomale configurate come fibrille amiloidi in più organi, incluso il cuore che è tra i distretti più colpiti, con progressiva perdita della sua funzionalità. A causa dei sintomi non specifici della malattia e per la possibilità di sovrapporsi ad altra cardiomiopatie, la diagnosi di questa rara e complessa patologia può diventare un'odissea. Dall'insorgenza della malattia alla sua corretta individuazione possono passare fino a oltre 4 anni e, di conseguenza, la somministrazione delle terapie inizia in ritardo con un impatto molto significativo sulla prognosi".
Oggi l'amiloidosi cardiaca da transtiretina può essere affrontata con più successo, evidenziano i cardiologi. "Esiste già - ricorda la Sic - un farmaco Rna interferente approvato in maniera specifica per contrastare i danni cardiaci da amiloidosi. La molecola, già disponibile in Italia, si chiama patisiran e stabilizza la proteina transtiretina in modo tale da prevenire la formazione di depositi amiloidi nel cuore". Una nuova arma è però all'orizzonte: "È il vutrisiran, molecola già autorizzata in Italia per il trattamento dell'amiloidosi neuropatica, ma non ancora approvata per la cardiomiopatia associata e che potrebbe essere introdotta nel 2026", prospetta Sinagra.
"Il nuovo farmaco, somministrato per via sottocutanea e basato sulla tecnologia dell'Rna interferente, silenzia il gene chiave della malattia bloccando la sintesi della proteina" transtiretina "prima che venga prodotta" e possa accumularsi. "In base ai risultati dello studio Helios-B, vutrisiran riduce il rischio di mortalità e migliora la qualità di vita dei pazienti, offrendo una valida alternativa a coloro che non rispondono ai trattamenti attuali", conclude Perrone Filardi.
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Notizie specifiche su: transtiretina, cuore, amiloidosi, 10/01/2025 Andrea Piccoli


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