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In questo studio, pubblicato nel 2023 sul Journal of Clinical Oncology (Jco), i pazienti trattati con epcoritamab hanno ottenuto un tasso di risposte complessive del 62 per cento e un tasso di risposte complete del 39 per cento.
“Con un follow-up di due anni e mezzo, il beneficio in termini di sopravvivenza è stato confermato con una mediana globale di 19,4 mesi”, commenta Umberto Vitolo, responsabile delle sperimentazioni cliniche ematologiche all’Istituto Oncologico di Candiolo.
“Nei pazienti che hanno raggiunto una risposta completa, a distanza di trenta mesi, il 54 per cento di coloro che sono stati trattati con epcoritamab mantiene lo stato di remissione di malattia la cui mediana a oggi non è stata raggiunta. Nella mia esperienza personale con epcoritamab, sia negli studi clinici sia nella pratica clinica, ho potuto verificare che il farmaco è un trattamento accessibile, altamente efficace, prontamente disponibile in una patologia a rapida evoluzione, di facile somministrazione essendo sottocute e soprattutto ben tollerato”.
“I pazienti affetti da linfoma non hodgkin a grandi cellule B con istologia aggressiva che ricadono dopo le attuali terapie standard a base di immunochemioterapia e Car-T hanno un importante bisogno terapeutico, in quanto sviluppano una malattia aggressiva rapidamente – dichiara Maurizio Martelli, ordinario di ematologia, alla Sapienza Università di Roma.
“L’anticorpo bispecifico epcoritamab ha dimostrato di essere una valida opzione terapeutica con dei tassi di risposte complete nei pazienti post Car-T. Oltre a questi dati significativi riguardanti l’efficacia, nello studio è stato dimostrato un miglioramento dei parametri di qualità di vita e un favorevole profilo di sicurezza”.
L’evento avverso più comune osservato è stata la sindrome da rilascio di citochine, che nella quasi totalità dei casi è stata di grado 1-2 ed è risultata prevedibile come tempistiche di insorgenza e gestibile senza portare alla sospensione del trattamento.
“Per molto tempo, i pazienti affetti linfoma diffuso a grandi cellule B recidivato o refrattario non hanno avuto alternative terapeutiche valide. Negli ultimi anni il panorama terapeutico è cambiato notevolmente, con l’arrivo di nuovi farmaci o associazioni di farmaci privi di chemioterapia“, conclude Pierluigi Zinzani, ordinario di ematologia all’Università Alma Mater di Bologna.
“Tra questi, epcoritamab rappresenta un’importante novità: si tratta di un anticorpo bispecifico IgG1 che deriva da un anticorpo murino umanizzato anti-CD3 e da un anticorpo monoclonale anti-CD20 umano. La formazione del trimero epcoritamab-CD20-CD3 determina l’attivazione e l’espansione delle cellule T e il killing, mediato dalle cellule T, delle cellule B tumorali CD20+”.
Fonte: AboutPharma
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01/10/2024 Andrea Sperelli
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