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alla 1° pagina..) ionizzanti o sostanze chimiche presenti nell’aria: ciò produce danni al DNA, con drammatiche conseguenze per l’equilibrio dei tessuti quando la singola cellula non è in grado di prendere adeguati provvedimenti. Per fronteggiare tali attacchi esiste un meccanismo naturale di protezione, una sorta di “controllo di qualità” che monitorizza continuamente il DNA.
Quando un danno è troppo grave per essere riparato in tempi brevi, una cellula ha due possibilità: interrompere le sue divisioni, evitando che il danno sia ereditato dalle cellule figlie, oppure suicidarsi. Apaf1 è importante per entrambe le soluzioni. Se il danno è irreparabile, la proteina determina il suicidio cellulare. Invece se il danno è difficile ma non impossibile da riparare, Apaf1 si trasferisce nel nucleo della cellula dove, a contatto con il DNA, blocca ogni divisione successiva. In altre parole, la presenza di Apaf1 a contatto col DNA garantisce il perfetto funzionamento del controllo di qualità e impedisce alle cellule di “impazzire”, quindi di duplicare il loro DNA danneggiato e di trasformarsi in altre cellule tumorali.
Il lavoro dei ricercatori italiani è stato diretto da Francesco Cecconi, professore ordinario di Biologia dello Sviluppo alla Facoltà di Scienze dell’Università di Roma Tor Vergata e responsabile del Laboratorio di Neuroembriologia Molecolare della Fondazione Santa Lucia.
“La nostra ricerca ha duplice rilevanza - chiarisce Cecconi - individua una molecola con un ruolo decisivo nella genesi dei tumori e ne definisce molteplici funzioni. Apaf1 era già stata da noi studiata come molecola chiave nello sviluppo embrionale e nel mantenimento in buone condizioni del sistema nervoso. Le nostre scoperte ci fanno anche pensare che le molecole coinvolte nel suicidio cellulare possano, in generale, esercitare altre funzioni, più difficili da individuare ma più sofisticate; se così fosse, modulare tali molecole potrebbe potenzialmente consentire il trattamento di un gran numero di malattie, dalle neurodegenerazioni ai tumori.”
“Quando Apaf1 viene inattivata in laboratorio – sottolinea D’Amelio - le cellule sfuggono ad ogni controllo. Non solo non si suicidano come dovrebbero, ma crescono indisturbate, tramandando la loro follia alle cellule figlie, rese così capaci di proliferare enormemente. Il fatto poi che Apaf1 svolga questo ruolo in moltissime specie viventi, dai vermi piatti all’uomo, lo fa aggiungere alla lista delle molecole più rilevanti nelle terapie antitumorali”.
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