(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) fibrillazione atriale è la più comune aritmia cardiaca. È caratterizzata da una caotica e disorganizzata contrazione degli atrii del cuore, determinando una perdita della loro efficienza contrattile, e da una frequenza irregolare ed elevata dei ventricoli con una distribuzione del sangue al nostro organismo meno fisiologica. Può crescere, quindi, il rischio di ictus cerebrale», spiega al Corriere della Sera Roberto Pedretti, direttore del Dipartimento Cardiovascolare all’IRCSS MultiMedica di Sesto San Giovanni (Milano) e membro del Consiglio direttivo dell’Associazione Europea di Cardiologia Preventiva.
«L’aritmia può essere stabilmente presente (forma permanente) oppure interrompersi, in modo spontaneo (forma parossistica) o a seguito di un trattamento (forma persistente) con farmaci antiaritmici o con la cardioversione elettrica. Se alcuni pazienti restano del tutto asintomatici, altri lamentano sintomi di diversa natura quali palpitazioni, dolore toracico, dispnea (mancanza di respiro), affaticamento sino alla perdita di coscienza e allo scompenso cardiaco».
«L’associazione tra i disturbi respiratori del sonno e la fibrillazione atriale è nota da tempo. In particolare, numerosi studi di coorte hanno dimostrato un legame tra la sindrome delle apnee ostruttive notturne e la fibrillazione atriale. Inoltre, dati osservazionali suggeriscono che il trattamento delle apnee ostruttive può ridurre la fibrillazione. Questo studio, per la prima volta, analizza la relazione tra fibrillazione atriale e qualità del sonno, tra l’altro con una chiara relazione dose-risposta e fornendo prove convincenti circa il fatto che l’interruzione acuta del riposo notturno determini un rischio maggiore e a breve termine di aritmie atriali», continua Pedretti.
«Questi risultati possono avere importanti implicazioni cliniche e di ricerca: oltre alle terapie specifiche dell’aritmia, le strategie per migliorare la qualità generale del sonno potrebbero essere utili per la prevenzione e il trattamento della fibrillazione atriale. Potrebbero essere possibili anche interventi terapeutici farmacologici mirati per ridurre al minimo il rischio di un episodio di fibrillazione atriale dopo una notte di sonno insufficiente, per esempio assumendo una dose più elevata di un beta-bloccante su indicazione medica, come gli stessi autori riportano».
Gregory M. Marcus, uno degli autori dello studio e cardiologo presso la UCSF Health, ricorda la necessità di comportamenti che migliorino la qualità del sonno: andare a letto alla stessa ora, evitare alcolici e caffeina prima di addormentarsi, praticare esercizio fisico regolare, mantenere la stanza fresca, evitare i sonnellini e svegliarsi più o meno alla stessa ora del mattino.
«Altrettanto importante è interrompere l’utilizzo del computer e degli apparecchi elettronici almeno un’ora prima rispetto a quando si va a dormire, per facilitare l’addormentamento e ottenere poi un sonno più regolare», aggiunge Pedretti. «Qualora si pensi di poter essere affetti da disturbi del sonno, per esempio le apnee notturne, è di estrema importanza rivolgersi a un centro specializzato per i necessari approfondimenti diagnostici».
«La prevalenza di fibrillazione atriale è del 2-4% negli Stati Uniti, tende a verificarsi maggiormente negli uomini e la sua occorrenza cresce con l’aumentare dell’età. Si tratta di una vera e propria “epidemia”: all’età indice di 55 anni, nella popolazione europea il rischio di sviluppare nella vita la fibrillazione atriale riguarda 1 persona su 3. Per quanto riguarda l’Italia, questo disturbo interessa 1 milione di persone con 120mila nuovi casi ogni anno», conclude il cardiologo.
Notizie specifiche su: fibrillazione, ivabradina, battito, 30/11/2023 Andrea Sperelli


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