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«La patogenesi è poco conosciuta, ma si pensa che sia dovuta all'indebolimento dei ponti intercellulari tra i cheratinociti, alla diminuzione del solfato di colesterolo e al ridotto contenuto di acqua nella lamina ungueale», ha affermato Lipner.
Non esiste una terapia specifica, ma alcune raccomandazioni generali come quella di indossare guanti in lattice per i lavori in ambienti umidi e guanti di cotone per lavori in ambienti asciutti, evitare disinfettanti per le mani a base di triclosan, evitare cosmetici per unghie, ridurre al minimo i traumi ungueali e favorire l'idratazione.
A dispetto della popolarità sui social media, gli integratori a base di biotina, vitamina D, aminoacidi e cromo non sono supportati da evidenze scientifiche: «Pochissime persone sono carenti di biotina, a parte quelle con carenze enzimatiche ereditarie, e la maggior parte delle persone può ottenere tutta la biotina di cui ha bisogno da una dieta regolare», ha sottolineato Lipner.
L’idea di utilizzare la biotina viene dall’esperienza veterinaria. Negli anni ’40 si è scoperto che i polli con carenze di biotina sviluppavano fessure nei piedi e becchi simili a pappagalli. Negli anni '70, invece, i maiali con carenza di biotina sviluppavano zoccoli friabili, che venivano corretti integrando la vitamina, diventata poi una pratica standard negli anni '80.
Nel 1989 c’è stata anche una sperimentazione sull’uomo. Un team di ricercatori tedeschi ha arruolato 71 pazienti con sindrome delle unghie fragili che assumevano biotina per via orale alla dose di 2,5 mg al giorno. Dei 45 soggetti valutati, 41 (91%) hanno mostrato un miglioramento della durezza delle unghie nel corso di 5,5 mesi, ma nello studio mancava un buon gruppo di controllo.
In uno studio di follow-up, gli stessi ricercatori tedeschi hanno utilizzato la microscopia elettronica a scansione per valutare 22 pazienti con unghie fragili che assumevano biotina per via orale 2,5 mg al giorno confrontandoli con 10 pazienti con unghie normali che non assumevano biotina. Nel primo gruppo è stato riscontrato un aumento del 25% dello spessore della lamina ungueale e la risoluzione dell'onicoschizia nel 50% dei pazienti, ma anche in questo caso nello studio mancava un buon gruppo di controllo.
Un terzo studio ha previsto l’intervista di 46 pazienti con onicoressi e/o onicoschizia che avevano assunto 2,5 mg di biotina al giorno. Dei 35 intervistati, il 63% ha riportato soggettivamente un miglioramento delle proprie unghie in un periodo medio di 2 mesi.
«Riguardo alla biotina questo è il punto a cui siamo oggi: sono stati effettuati studi su solo 80 pazienti che risalgono a 25 anni fa», spiega Lipner. «Queste sono tutte le evidenze disponibili sulla biotina per il trattamento della sindrome delle unghie fragili».
Inoltre, un avviso emesso dalla Fda nel 2017 ha posto l’attenzione sull’uso di biotina, che può interferire con alcuni test di laboratorio, soprattutto quelli della tiroide e degli enzimi cardiaci.
«È nostro dovere avvertire i nostri pazienti delle evidenze a supporto della biotina per il trattamento delle unghie fragili e di questa interferenza nei test di laboratorio», ha ammonito Lipner.
Si stanno valutando ora altre opzioni di trattamento, fra cui due lacche, una contenente idrossipropil chitosano, equisetum arvense e metilsulfonilmetano e un’altra contenente il 16% di poliurea uretano. «Possono essere prodotti anche molto costosi, e ci sono alternative meno care». È stata oggetto di studio anche l’emulsione di ciclosporina, ma per ora i risultati sono deludenti.
Un team diretto da Lipner sta valutando l’effetto del plasma ricco di piastrine su un piccolo gruppo di 10 pazienti: «I nostri dati vengono analizzati da tre esperti di unghie indipendenti e speriamo di riportare i risultati l'anno prossimo», ha concluso la ricercatrice.
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07/04/2023 Andrea Sperelli
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