(2° pagina) (Torna alla 1° pagina..) trattamento di pazienti adulti affetti da Lupus Eritematoso Sistemico (LES) attivo, autoanticorpi-positivo, in forma da moderata a severa, nonostante la terapia standard.
L’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco è basata sui risultati del programma di sviluppo clinico di anifrolumab, che include i due studi di Fase III TULIP (1 e 2) e lo Studio di Fase II MUSE. Negli studi clinici la maggior parte dei pazienti che hanno ricevuto anifrolumab ha registrato una riduzione nell’attività complessiva di malattia per tutti i distretti interessati al basale e ha raggiunto una riduzione duratura nell’utilizzo dei glucocorticoidi orali rispetto al placebo. La diminuzione dell’utilizzo di glucocorticoidi orali, e una parallela riduzione in maniera sostenuta dell’attività di malattia rappresentano un importante obiettivo di trattamento nel LES al fine di ridurre il rischio di danno d’organo. In aggiunta, nei pazienti trattati con anifrolumab e che diminuiscono in maniera consistente i glucocorticoidi, si osserva anche una minore comparsa di riacutizzazioni di malattia.
“L’esordio del Lupus Eritematoso Sistemico si verifica spesso in giovane età, già durante l’adolescenza”, spiega il Prof. Gian Domenico Sebastiani, Presidente SIR, Società Italiana di Reumatologia. “Su 10 persone colpite, 9 sono donne, a causa di una predisposizione genetica e ormonale che facilita lo sviluppo della malattia. Altre possibili cause sono di tipo ambientale: infezioni virali e raggi ultravioletti possono concorrere alla manifestazione della patologia. All’esordio il LES può essere molto variabile, caratterizzato da sintomi come astenia, febbre, stanchezza, inappetenza. A causa della sua natura multisistemica, in grado di coinvolgere e colpire tutti gli organi e apparati dell’organismo, l’identificazione della patologia, che dipende anche dalla tipicità dei sintomi, può essere particolarmente complessa poiché può presentarsi in maniera estremamente eterogenea. Una diagnosi precoce, risulta essere fondamentale per raggiungere il principale obiettivo terapeutico correlato alla patologia, ossia quello della remissione, in grado di evitare che si verifichi il danno d’organo. È inoltre importante tenere sotto controllo l’eventuale accumulo del danno, che si verifica o a causa dell’attività di malattia o dei farmaci assunti e che può comportare una prognosi sfavorevole, con conseguente peggioramento del quadro clinico”.
“La terapia standard per il trattamento del LES è attualmente basata sull’impiego di glucocorticoidi, idrossiclorochina e immunosoppressori che però non sempre riescono a controllare l’attività di malattia e indurre una remissione duratura in tutta la popolazione di pazienti, rendendo necessario il ricorso continuativo di glucocorticoidi, il cui utilizzo è associato a un aumento del rischio di danno d’organo permanente. In questo quadro – afferma il Prof. Andrea Doria, Presidente Eletto SIR, Società Italiana di Reumatologia – l’approvazione di anifrolumab rappresenta un’importante nuova opzione farmacologica nel trattamento dei pazienti con lupus eritematoso sistemico da moderato a grave posizionandosi come primo nuovo trattamento indicato per il LES dopo oltre 10 anni e l’unico farmaco biologico ad avere un’indicazione non limitata a pazienti con attività di malattia di alto grado. Anifrolumab è un anticorpo monoclonale in grado di inibire gli interferoni di tipo 1, citochine che giocano un ruolo fondamentale nella patogenesi della malattia essendo coinvolte nella regolazione dei processi infiammatori implicati nello sviluppo del lupus. L’approvazione e la rimborsabilità di anifrolumab cambiano la pratica clinica e introducono un nuovo paradigma di trattamento fin dalle fasi precoci della malattia. Grazie al suo meccanismo d’azione, anifrolumab permette infatti un controllo della malattia, consente una minore assunzione di glucocorticoidi, ed è caratterizzato da un effetto rapido, tale da indurre una remissione precoce e la prevenzione del danno d’organo causato all’attività di malattia e a cui contribuiscono gli effetti collaterali dai farmaci attualmente in uso”.
I pazienti affetti da LES, rispetto alla popolazione generale, oltre ad incorrere in un aumento delle morbidità e della mortalità, presentano uno stato funzionale abitualmente compromesso e una qualità della vita legata alla salute (HRQoL, Health-Related Quality of Life) ridotta, soprattutto durante la fase di attività della malattia, quando compare il danno d’organo vengono utilizzate dosi elevate di corticosteroidi orali. L’entità della riduzione della HRQoL è comparabile a quella osservata in malattie come l’AIDS o l’artrite reumatoide.
I pazienti con un’attività di malattia più elevata presentano valori più bassi nei diversi domini del LupusQoL, un questionario sulla qualità di vita disegnato in modo specifico per i pazienti affetti da LES. La riduzione della capacità di eseguire le normali attività quotidiane lavorative o domestiche, transitoria o permanente, è riferita da ben due terzi dei pazienti con LES e comporta peggioramento del loro benessere psicologico e delle loro condizioni economiche.
“Il lupus è una patologia cronica che può compromettere in maniera seria la qualità vita di chi ne è affetto su vari aspetti: sociale, psicologico, lavorativo e affettivo – sottolinea Rosa Pelissero, Presidente Gruppo LES Italiano odv. “Il momento della comunicazione della diagnosi, che nella maggior parte dei casi è associato al primo contatto con una patologia della quale non si aveva conoscenza, rappresenta per il paziente un trauma difficile da affrontare ed è accompagnato da un senso di disorientamento e timore. L’esordio della malattia avviene generalmente in età giovanile, a volte anche adolescenziale, aspetto che può condizionare il rapporto con sé stessi e con i coetanei, influenzando la sfera psicologica e impattando lo svolgimento delle normali attività quotidiane. L’impatto più rilevante è relativo alla sfera lavorativa: permane infatti una scarsa sensibilità nell’ambiente di lavoro, accompagnata dall’aumento dello stress causato dalla necessità di mantenere intatto il proprio rendimento, che causa un peggioramento della propria condizione. Per tali motivi, molti pazienti perdono, sono costretti ad abbandonare il proprio lavoro o sono fortemente impattati nel loro percorso professionale, rendendo di primaria importanza la presenza di tutele per questi lavoratori fragili. Conoscere la patologia e ricevere una corretta informazione rappresentano pertanto elementi fondamentali. Allo stesso modo, avere a disposizione una nuova opzione di trattamento come anifrolumab potrà avere un impatto positivo sulla salute dei pazienti e rispondere a un bisogno clinico insoddisfatto”.
In aggiunta ai bisogni clinici non ancora soddisfatti, è importante considerare il burden economico a cui è associato il LES, la cui cura in Italia ha un costo medio di € 2.513. La frequenza e la gravità degli episodi di riacutizzazione, inoltre, aumentano con la gravità della malattia e sono associati ad un significativo aumento dei costi sanitari.
“È fondamentale attenzionare questa malattia, ancora poco conosciuta nonostante colpisca un alto numero di persone, in particolare donne giovani, nel pieno delle loro vite professionali e personali – commenta la senatrice Clotilde Minasi, Membro della 10ª Commissione Affari sociali, sanità, lavoro pubblico e privato, previdenza sociale del Senato della Repubblica –. Ancora una volta dobbiamo sottolineare quanto siano importanti una diagnosi precoce e una risposta rapida ai bisogni del paziente, al fine di evitare complicanze e ripercussioni che possano impattare notevolmente sulla sua qualità di vita. Penso che sia doveroso che le Istituzioni, la comunità scientifica e le associazioni dei pazienti collaborino per favorire lo sviluppo di una sanità sostenibile e più vicina ai cittadini, contribuendo nel promuovere una maggiore informazione e sensibilizzazione su una patologia ad oggi non adeguatamente controllata ad alto impatto sociale ed economico per la persona e l’intera società”.
“L’approvazione di anifrolumab, rappresenta un grande passo avanti per i pazienti affetti da Lupus Eritematoso Sistemico, una patologia multiforme, altamente debilitante e invalidante, che impatta in maniera significativa sulla loro qualità di vita. Dopo oltre 10 anni, anifrolumab è l’unico farmaco che ad oggi ha concluso il programma di sviluppo clinico in questa patologia, per la quale è molto complesso condurre studi clinici randomizzati. I pazienti affetti da Lupus da moderato a grave potranno ora beneficiare di un trattamento in grado di ridurre l’attività di malattia garantendone una rapidità di azione e un risparmio nell’utilizzo del cortisone”, conclude Raffaela Fede, Direttore Medico AstraZeneca Italia.

Informazioni sul lupus eritematoso sistemico

Il lupus eritematoso sistemico è una malattia autoimmune in cui il sistema immunitario attacca i tessuti sani del corpo. È una malattia cronica e complessa, che presenta una serie di manifestazioni cliniche che possono avere impatto su molti organi e può causare una serie di sintomi che includono dolore, rash cutaneo, affaticamento, gonfiore alle articolazioni e febbre. Più del 50% dei pazienti affetti da LES sviluppa un danno d’organo permanente, determinato dalla malattia o dalle terapie disponibili, che acuisce i sintomi e aumenta il rischio di mortalità.

TULIP-1, TULIP-2 e MUSE

I tre Studi su anifrolumab (TULIP-1, TULIP-2 e MUSE) erano randomizzati, in doppio-cieco, controllati con placebo in pazienti con LES da moderato a grave sottoposti a trattamento standard. Il trattamento standard comprendeva almeno uno tra: OCS, antimalarici e immunosoppressori (metotrexato, azatioprina o micofenolato mofetile).
Il programma di Studi clinici di Fase III TULIP (Treatment of Uncontrolled Lupus via the Interferon Pathway) include due Studi, TULIP-1 e TULIP-2, che hanno valutato l’efficacia e la sicurezza di anifrolumab rispetto al placebo. Lo Studio TULIP-2 ha dimostrato la superiorità di anifrolumab rispetto al placebo nei molteplici endpoint di efficacia per entrambi i bracci che venivano contemporaneamente trattati con terapia standard. In questo studio, 362 pazienti sono stati randomizzati (1:1) e hanno ricevuto una dose fissa di 300mg di anifrolumab somministrata per via intravenosa o placebo ogni 4 settimane. Lo Studio TULIP-2 ha valutato l’effetto di anifrolumab nel ridurre l’attività della malattia valutata in base alla scala BILAG-Based Composite Lupus Assessment (BICLA). Nello Studio TULIP-1, 457 pazienti sono stati randomizzati (1:2:2) e hanno ricevuto una dose fissa di 150mg di anifrolumab, 300mg di anifrolumab o placebo ogni 4 settimane somministrata per via intravenosa, in aggiunta alla terapia standard. Questo non ha raggiunto il proprio l’endpoint primario, basato sulla misurazione composita dello SLE Responder Index 4 (SRI4).
Lo Studio di Fase II MUSE ha valutato l’efficacia e la sicurezza di due dosi di anifrolumab rispetto al placebo. In questo studio 305 pazienti adulti sono stati randomizzati e hanno ricevuto una dose fissa di 300mg di anifrolumab, 1.000mg di anifrolumab o placebo somministrata per via intravenosa ogni 4 settimane, in aggiunta alla terapia standard per 48 settimane. Lo studio ha mostrato miglioramenti rispetto al placebo nei molteplici endpoint di efficacia per entrambi i bracci che contemporaneamente hanno ricevuto anche la terapia standard.
I risultati dello Studio di Fase III TULIP-2 sono stati pubblicati sul The New England Journal of Medicine a gennaio 2020, i risultati dello Studio di Fase III TULIP-1 sono stati pubblicati sul The Lancet Rheumatology a dicembre 2019 e i risultati dello Studio di Fase II MUSE sono stati pubblicati su Arthritis & Rheumatology a novembre 2016.
Nel Lupus Eritematoso Sistemico, oltre al programma di Studi di Fase III TULIP, anifrolumab continua a essere valutato in uno studio di estensione a lungo termine di Fase III e in uno studio di Fase III relativamente alla somministrazione sottocutanea. In aggiunta a ciò, AstraZeneca sta esaminando il potenziale di anifrolumab in una serie di malattie nelle quali l’interferone I tipo I (IFN di tipo 1) ricopre un ruolo chiave, incluse la nefrite lupica, lupus eritematoso cutaneo e miosite.

Informazioni su anifrolumab

Anifrolumab è un anticorpo monoclonale completamente umanizzato che si lega alla sottounità 1 del recettore dell’interferone di tipo I, bloccando l’attività di tutti gli interferoni di tipo I8. Gli interferoni di tipo I come IFN-alpha, IFN-beta e IFN-kappa sono citochine coinvolte nella regolazione dei percorsi infiammatori interessati dal lupus. La maggior parte dei pazienti adulti con lupus ha un aumento di attività a livello della via dell’IFN di tipo I che ha dimostrato essere correlata all’attività e alla gravità della malattia.
Notizie specifiche su: lupus, farmaco, sintomi, 11/05/2023 Andrea Sperelli


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