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alla 1° pagina..) controllato e in doppio cieco, prevedeva 6 mesi di trattamento con citicolina sale sodico o placebo per pazienti affetti da malattia di Parkinson che erano già in terapia dopaminergica. L’efficacia della citicolina verrà ora valutata in termini di miglioramento dei sintomi motori e non motori e della qualità di vita dei pazienti. Nella sperimentazione verrà anche confermata la sicurezza della terapia.
La malattia di Parkinson è una patologia neurodegenerativa le cui manifestazioni sono il risultato del progressivo deterioramento delle cellule nervose presenti in una regione del cervello nota come “substantia nigra”, cellule che sono deputate alle sintesi e al rilascio della dopamina. All’esordio, i sintomi più evidenti della malattia sono legati al movimento e includono tremore, rigidità, lentezza, debolezza, problemi di equilibrio, postura ricurva e difficoltà nel camminare. In seguito possono insorgere problemi cognitivi e comportamentali e può sopraggiungere anche demenza, che si verifica in circa un terzo dei pazienti. La malattia - scoperta agli inizi del 1800 da James Parkinson e chiamata per oltre un secolo “paralisi agitante” o “morbo di Parkinson” - colpisce in modo indistinto i due sessi e in media esordisce intorno ai 60 anni. Attualmente in Italia sono circa 300mila le persone che convivono con questa patologia, mentre in tutto il mondo si contano più di 9 milioni di pazienti.
La diagnosi di malattia di Parkinson, che si basa sull’osservazione clinica e su specifici esami strumentali, dovrebbe essere quanto più precoce possibile, in modo tale da intervenire tempestivamente con un’opportuna terapia. Ad oggi, infatti, il trattamento farmacologico, la chirurgia e la gestione multidisciplinare possono agevolare la gestione dei sintomi associati alla patologia.
La citicolina, uno psicostimolante-nootropico, è un farmaco già utilizzato nella pratica clinica, in associazione a levodopa (L-DOPA), un amminoacido intermedio nella via biosintetica della dopamina, per il trattamento dei pazienti con malattia di Parkinson. Si ipotizza dunque che questa molecola, grazie alla sua azione neuroprotettiva, possa apportare benefici in termini di miglioramento dei sintomi cognitivi, oltre che motori, della patologia.
Se si parla di neuroprotezione, senza dubbio la citicolina è riconosciuta per il suo meccanismo d’azione unico ma soprattutto per le sue evidenze sperimentali e cliniche. La citicolina è, infatti, un precursore fisiologico dell’acetilcolina, un neurotrasmettitore coinvolto nella regolazione della plasticità sinaptica e nella trasmissione neuronale che è alla base dell’elaborazione del pensiero critico, della memoria visuale, auditiva e spaziale.
“In realtà, la citicolina si è già rivelata efficace in terapie di combinazione contro il deterioramento cognitivo nelle persone over 65 di natura sia vascolare che degenerativa, nel post trauma cranico, nel post stroke, nel glaucoma, nell’ambliopia e nelle sindromi parkinsoniane”, sottolinea il Dottor Pietro Gareri, geriatra responsabile del centro disturbi cognitivi e demenze di Catanzaro Lido, ASP Catanzaro.
Uno studio italiano condotto dall’Università e dagli Spedali Civili di Brescia e pubblicato sulla rivista Frontiers in Neurology ha dimostrato che la citicolina può ripristinare la funzionalità delle vie colinergiche post-ictus, ovvero i percorsi cerebrali alla base della memoria e di altre funzioni cognitive superiori.
“I pazienti trattati con citicolina hanno dimostrato un inconfondibile recupero delle vie colinergiche rispetto al gruppo controllo e, sebbene la misurazione riguardasse solo i processi cellulari e non gli eventuali effetti cognitivi, diversi pazienti hanno testimoniato di sentirsi meglio e più lucidi dopo il trattamento”, ha spiegato Mauro Magoni, Direttore dell’U.O di Neurologia Vascolare-Stroke Unit presso l’Azienda Ospedaliera Spedali Civili di Brescia.
Questi risultati così importanti sulla citicolina aprono le porte per nuove sfide terapeutiche alla luce del fatto che, nonostante molti investimenti, le sperimentazioni di nuove terapie nell’Alzheimer e nelle demenze non hanno prodotto risultati significativi.
“La demenza, in questo momento, rappresenta un’emergenza epidemiologica - ha sottolineato il professor Camillo Marra, associato Istituto di Neurologia dell’Ospedale Policlinico Gemelli di Roma. È noto che la demenza colpisca prevalentemente le fasce più anziane della popolazione, ma molti pazienti iniziano a sviluppare la malattia anche prima dei 60 anni, pur se in percentuale minore. Il trattamento, quindi, deve essere assolutamente personalizzato anche a fronte del fatto che oggi abbiamo poche terapie a disposizione, spesso di vecchia generazione. Nell’attesa di nuovi farmaci, che avranno probabilmente effetti sui meccanismi patogenetici della malattia è necessario offrire al paziente tutto ciò che è possibile, e la citicolina figura tra queste opzioni”, conclude Marra.
“Sappiamo - ha aggiunto il professor Francesco Landi, associato Istituto di Medicina Interna e Geriatria dell’Ospedale Policlinico Gemelli di Roma - che durante l’invecchiamento del nostro corpo, anche il cervello perde in performance e che questo processo può essere contrastato grazie all’esercizio fisico aerobico e alla dieta mediterranea. E allora, la buona notizia, dal mio punto di vista, è doppia perché se c’è qualcosa che può modificare l’invecchiamento, probabilmente vi sono anche altri fattori che possono agire allo stesso modo, ad esempio, i neurotrasmettitori”.
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11/04/2024 Andrea Sperelli
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