I calcoli possono insorgere a qualsiasi livello del tratto urinario, ma la maggior parte si forma nel rene. L’urolitiasi è un problema clinico frequente con un'incidenza dallo 0,1 al 6% nella popolazione generale. Il sesso maschile viene colpito un po’ più frequentemente di quello femminile e la maggioranza dei pazienti è sopra ai 30 anni. È nota da lungo tempo una predisposizione familiare ed ereditaria alla formazione di calcoli. Molti degli errori congeniti del metabolismo come la gotta, la cistinuria e l’iperossaluna primaria rappresentano buoni esempi di malattia ereditaria caratterizzata da eccessiva produzione delle sostanze che formano calcoli. La maggioranza dei calcoli, circa il 65-70%, contiene calcio, essendo composta da ossalato di calcio, o ossalato di calcio misto a fosfato di calcio, e meno comunemente, fosfato di calcio da solo. Un altro 15% è formato dai calcoli tripli composti di fosfato di ammonio e di magnesio; il 6% sono calcoli di acido urico e il 3% di cistina. È presente anche una matrice organica di mucoproteine che rappresenta dall’1 al 5% del peso dei calcoli di fosfato di magnesio e di ammonio. Sebbene esistano molte cause, i calcoli renali si formano in gran parte in seguito a infezioni di batteri che scindono l’urea (come il Proteus), convertendola in ammoniaca. Le urine alcaline causano la precipitazione di sali di calcio e fosfato di magnesio e di ammonio. I calcoli di acido urico sono comuni nei pazienti senza ipercalcemia né infezioni urinarie. I calcoli di cistina sono associati a difetti genetici del trasporto renale di certi aminoacidi, come la cistina. I calcoli sono unilaterali nel 5O% circa dei pazienti. Le sedi favorite di formazione sono i calici renali, la pelvi e la vescica. Se si formano nella pelvi renale essi tendono ad essere piccoli, avendo come diametro 2-3 mm in media. Possono avere contorni lisci o apparire come masserelle a superficie irregolare frastagliata. Spesso in un rene si possono trovare calcoli multipli. Occasionalmente, l’accumulo progressivo di sali porta alla formazione di strutture ramificate, che rappresentano uno stampo del sistema calico pielico. Alcune condizioni acquisite possono avere una parte di primaria importanza nella genesi della calcolosi come malattia d’organismo; e sono specialmente da ricordare quelle che alterando il metabolismo del calcio producono ipercalcemia e di conseguenza ipercalciuria. I più alti valori ipercalcemici si notano di regola nell’iperparatiroidismo: difatti la litiasi urinaria si presenta con relativa frequenza come complicazione (se non addirittura come segno rivelatore) dell’adenoma paratiroideo. Tali calcoli sono costituiti da sali di calcio (fosfati, carbonati e in minore proporzione ossalati); ma una composizione non diversa hanno quelli che talvolta si osservano come postumi di fratture ossee. In questo caso lo stato ipercalcemico è una diretta conseguenza non tanto della frattura quanto della prolungata immobilità che può condurre a gradi estremi di decalcificazione con osteoporosi. Restano da considerare i calcoli secondari, la cui genesi è manifestamente una conseguenza di due condizioni morbose molto spesso associate nelle vie urinarie: il ristagno d’urina e l’infezione. Il processo chimico per cui si formano tali calcoli è legato alla fermentazione ammoniacale, con trasformazione dell’urea in carbonato di ammonio per opera di batteri. In una seconda fase avviene la formazione di fosfato ammonico-magnesiaco e di carbonato di calcio, che sono i costituenti del calcolo. La ragione per cui il precipitato di questi sali concresce in forma di calcoli, talvolta assai grandi, invece di rimanere allo stato di sedimento amorfo, si deve attribuire all’essudato infiammatorio, che agisce come un cemento per la presenza di fibrina. Si possono distinguere calcoli puri, costituiti da un solo cristalloide, e calcoli misti, dove due o più cristalloidi sono presenti. Lo stroma proteico può del tutto mancare nei calcoli primitivi, mentre è un costituente obbligato dei calcoli secondari, in rapporto con i fenomeni essudativi che ne accompagnano la formazione. Quando l’infezione della via urinaria avviene in un tempo successivo alla formazione del calcolo primario, questo può diventare il nucleo di un calcolo secondario.
I calcoli sono importanti soltanto quando ostruiscono il flusso urinario oppure causano un danno tale da produrre ulcerazioni e sanguinamento. Essi possono anche essere presenti senza produrre alcun sintomo e alcun danno renale significativo. In generale, i calcoli più piccoli sono pericolosi, perché possono passare negli ureteni provocando un attacco doloroso (una delle forme più intense di dolore), noto come colica renale e, allo stesso tempo, ostruzione ureterale. I calcoli più grandi, non possono penetrare negli ureteri ed è più probabile che rimangano silenti nella pelvi renale. Comunemente essi si rendono manifesti per la prima volta con la comparsa di ematunia e colica caratterizzata da dolore che non si limita alla regione lombare ma da questa s’irradia all’epigastrio, all’ombelico, all’inguine, al testicolo omolaterale (o al grande labbro), alla regione sacroiliaca, più raramente alla natica, alla coscia e al tallone lungo il decorso del nervo sciatico.
In una parte dei casi i disturbi lamentati dal paziente sono poco chiari, ma in altri i sintomi della litiasi sono già tanto evidenti da permettere una diagnosi immediata. Il quadro clinico non lascia luogo a dubbi quando i disturbi sono direttamente riferibili all’emissione di uno o di più calcoli con l’urina. Può accadere che un paziente affetto da dolori lombari non ancora meglio definiti sia colto improvvisamente da una tipica colica dell’uretere e con questa emetta sabbia renale o renella, costituita da minute concrezioni di acido urico o di ossalato o di fosfato calcico. Talvolta il calcolo rimane latente fino al momento in cui un esame radiologico eseguito per altre indicazioni (solitamente per dolori riferiti alla colonna lombare) ne rivela la presenza inattesa. Anche in tali casi la latenza non è di regola assoluta: una nefralgia discreta ed incostante, specialmente se limitata alle ore lavorative, può andare facilmente confusa con la comune spondilartrosi lombare, ma d’improvviso acquista un diverso significato se l’esame del sedimento urinario dimostra la presenza di microematunia o di micropiunia. Difatti è molto improbabile che una calcolosi rimanga a lungo ignorata senza complicarsi con la suppurazione, sia pure discreta, del bacinetto o semplicemente del calice in cui il calcolo si annida. Perciò ogni piuria di non chiara origine richiede imperativamente l’accertamento urografico. Quando venga riconosciuta la presenza di uno o di più calcoli renali, specialmente se non hanno ancora dato complicazioni, è difficile prevedere quale sarà in un futuro prossimo o lontano il decorso della malattia. Le dimensioni stesse dei calcoli non costituiscono un criterio sufficiente per formulare una prognosi: difatti vi sono concrezioni cospicue che rimangono a lungo tollerate, mentre altre di minori dimensioni possono costituire una immediata minaccia per il rene qualora siano complicate da pielite settica oppure ostruiscano l’imbocco dell’uretere.
I calcoli renali e ureterali possono essere trattati in alcuni casi con Litotrissia extracorporea a onde d'urto, tecnica con la quale vengono frantumati in elementi più piccoli, escreti attraverso l'urina. Oppure, se sono di notevoli dimensioni, necessitano di terapia chirurgica. Quando siano iniziate le complicazioni settiche, il processo suppurativo, nonostante gli antibiotici e i chemioterapici, difficilmente può risolversi del tutto qualora il calcolo rimanga in sede: ha così inizio una cronica vicenda di miglioramenti transitori e di aggravamenti, che per gradi conduce alla pionefrosi. Perciò è d’importanza decisiva per la prognosi la tempestività dell’intervento chirurgico inteso a rimuovere il calcolo e a drenare, quando sia necessario, il focolaio d’infezione. La chirurgia della calcolosi renale deve proporsi come prima finalità la conservazione del rene, mediante interventi che permettano di estrarre con minimo danno i calcoli situati nel bacinetto e nei calici. Questo criterio conservativo non si può sempre mettere in pratica e soprattutto diventa inattuabile quando l’operatore si trova in presenza di complicazioni settiche che hanno già determinato gravi ed irreversibili alterazioni del parenchima renale. Ma ciò non toglie validità al principio che la nefrectomia per litiasi si deve soltanto eseguire nei casi di assoluta necessità.
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