È abbastanza verosimile che la malattia della mucca pazza o encefalite spongiforme bovina si sia sviluppata negli allevamenti a causa dell'utilizzo di diete a base di farine animali inquinate dal prione (il probabile agente causativo). Peraltro, non è detto che questa sia la sola via di trasmissione della malattia ed è quindi necessaria maggiore ricerca - in questa ed in altre direzioni. Per il principio di prudenza è comunque bene bandire l'uso delle farine animali per l'alimentazione dei bovini. II prione non è né un batterio, né un virus né tantomeno altro micro-organismo patogeno ma una semplice proteina dalle caratteristiche assolutamente particolari. II prione è particolarmente resistente al calore ed all'azione di enzimi potenzialmente in grado di degradarlo. Come tale esso è difficilmente eliminabile attraverso l'uso dei processi di sterilizzazione. Data la natura proteica del prione, è importante sottolineare, ancora, che quando si parla di "infettività" da parte di questo agente patogeno si fa riferimento ad una modalità di trasmissione nuova e, per parecchi versi, non del tutto compresa. Detto questo, è comunque abbastanza verosimile che il prione possa essere trasmesso da una specie animale all'altra e quindi anche dai bovini all'uomo. In quest'ultimo caso la trasmissione determina lo sviluppo di una nuova variante dell'encefalopatia spongiforme umana nota come morbo di Creutzfeld-Jacobs (CJ). È tuttavia dimostrato che il grado di "infettività" non è eguale per tutti gli organi e tessuti della mucca. É fortemente infettivo il cervello, il midollo spinale, la milza, alcune parti dell'intestino ed il timo. Non si è mai osservata infettività per il tessuto muscolare, cioè la carne, e per il latte. Prudenza vuole comunque che nei bovini macellati si scartino tutti gli organi che danno infettività e quindi ben venga, ad esempio, l'ablazione della colonna vertebrale. Prudenza vuole pure che non si terrorizzi il prossimo prospettando catastrofi nell'uso della carne e del latte. Va inoltre ribadito con forza che il rischio di malattia nell'uomo, allo stato attuale delle conoscenze, deve essere considerato molto basso e, in ogni caso, largamente inferiore a rischi comunemente accettati quali, ad esempio, l'utilizzo dell'automobile. I metodi diagnostici che abbiamo a disposizione per stabilire se, nel tessuto nervoso, sia presente il prione patologico sono ancora poco sensibili, ma vanno utilizzati perché permettono di scartare gli animali ad alta infettività. Cionondimeno, sono necessari ulteriori sforzi per lo sviluppo di metodi dì misura più sensibili di quello attualmente utilizzato su larga scala. Ricordiamo che, fino a pochi mesi orsono, non esistevano metodi semplici per la misura del prione. In conclusione occorre ricordare che il periodo di maggiore infettività dovrebbe essere già passato. Infatti il morbo della mucca pazza ha assunto le dimensioni di una vera e propria epidemia soltanto nel bestiame di origine inglese e soltanto nel periodo 1986-1994, quando ancora le misure di prevenzione e di intervento erano sostanzialmente nulle. Ciò è stato messo in relazione alla comparsa, alcuni anni dopo, della nuova variante CJ prevalentemente nella popolazione inglese. Oggi esiste certamente maggiore attenzione al problema e le garanzie per la salute dei cittadini europei sono incomparabilmente superiori rispetto al passato. Purtroppo occorre anche dire che non esistono dati riguardo il periodo di incubazione della nuova variante CJ perché i casi di malattia umana sono pochi e comunque non più di un centinaio in tutta Europa. É quindi molto difficile fare previsioni su quando potremo dire con "certezza" che tutto è passato. Nel frattempo i nostri politici farebbero bene ad occuparsi seriamente dei problemi ancora aperti e trovare le risorse necessarie a sostenere i centri italiani di ricerca che si dedicano allo studio delle malattie da prioni.
I sintomi e le lesioni caratteristiche della "nuova variante" della malattia di Creutzfeld-Jakob portano al progressivo decadimento delle funzioni cerebrali e sono causati dall'accumulo di proteina prionica a livello del sistema nervoso centrale. L'evoluzione è più lenta rispetto alla malattia di Creutzfeld-Jakob (CJD) classica (che evolve in 2-3 mesi e porta a morte in 6-8 mesi) ed anche la presentazione clinica e l'età di insorgenza contribuiscono a differenziare le due patologie. Nella "nuova variante" della malattia di Creutzfeld-Jakob (nvCJD) i pazienti hanno un'età più giovanile e il decorso è relativamente lento, portando a morte in media dopo un anno circa. La sintomatologia clinica si presenta con alterazioni dell'umore che vanno dalla depressione all'ansietà, possono comparire parestesie cutanee, e in alcune settimane o mesi compaiono disturbi dell'andatura (ataxia) e in seguito mioclono e altri deficit neuromotori. La compromissione delle facoltà cognitive superiori appare negli stadi più avanzati, contrariamente alla forma classica di CJD che nei due terzi dei casi esordisce con deterioramento intellettivo.
La diagnosi di certezza è possibile solo con osservazione diretta e identificazione (test di immunoblotting) degli accumuli di proteina prionica nel sistema nervoso centrale. I campioni di tessuto cerebrale possono essere ottenuti attraverso biopsia cerebrale su vivente o post-mortem. Non esistono al momento test predittivi effettuabili su sangue o altri liquidi biologici.
Attualmente non è disponibile alcuna terapia specifica per contrastare le malattie da prioni. L'assistenza del paziente si limita a terapie di supporto per il mantenimento delle funzioni vitali e di una relativa autonomia per il più lungo tempo possibile. Le malattie da prioni sono comunque sempre inesorabilmente mortali.
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