Superare l'allergia alle arachidi utilizzando un cerotto. È l'idea di un team di ricercatori del Children's Hospital Colorado che ha pubblicato sul New England Journal of Medicine i dettagli dello studio condotto da Matthew Greenhawt.
Il cerotto espone i bambini allergici alle arachidi a minuscoli frammenti di proteine delle arachidi stesse allo scopo di allenare il sistema immunitario. I dati indicano che fra i bambini che hanno indossato il cerotto, due terzi hanno mostrato una riduzione significativa della sensibilità alle proteine delle arachidi. I bambini sono riusciti a mangiare l'equivalente di quattro noccioline senza subire una reazione allergica.
Allo studio hanno partecipato 362 bambini fra 1 e 3 anni che hanno indossato il cerotto per la prevenzione dell'allergia o un placebo ogni giorno per un anno. Nel complesso, il 67% ha raggiunto l'obiettivo finale dello studio rispetto al 33% dei bambini del gruppo placebo.
L'effetto collaterale più comune associato al cerotto è stata l'eruzione cutanea, mentre poco meno del 2% dei bambini ha sviluppato sintomi sistemici giudicati da lievi a moderati.
Il cerotto è stato sviluppato da DVB Technologies ed è stato chiamato Viaskin.
«Dopo 12 mesi di trattamento abbiamo osservato una desensibilizzazione superiore al placebo con tassi di risposta al rispettivamente del 67% e del 33,5%, e viraggio verso reazioni di provocazione alimentare meno gravi», scrivono gli autori.
«Questi risultati dimostrano che un anno di EPIT con applicazione giornaliera di un cerotto contenente 250 µg di proteine di arachidi [1/1000 di un'arachide] produce una desensibilizzazione sufficiente a ridurre la probabilità di reazioni allergiche dopo esposizione accidentale alle arachidi», afferma Alkis Togias dell'Istituto nazionale di allergie e malattie infettive degli Stati Uniti in un editoriale di commento. «I risultati di EPITOPE sono un'ottima notizia per i bambini piccoli e le loro famiglie, oltre a essere il prossimo passo verso un futuro con più trattamenti per le allergie alimentari».
Fonte: NEJM 2023. Doi: 10.1056/NEJMoa2212895
BMJ
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