Attaccare più tardi la mattina assicura al nostro organismo una migliore qualità del sonno. Lo riferisce uno studio della University of Pennsylvania Perelman School of Medicine pubblicato su Sleep.
Secondo gli esperti l'ideale sarebbe iniziare la giornata lavorativa attorno alle 10. I ricercatori hanno analizzato i dati sul sonno e le abitudini lavorative di circa 125mila adulti fra il 2003 e il 2011. Dai dati analizzati è emersa un'associazione chiara fra l'inizio dell'orario di lavoro di mattina presto e un minor numero di ore dormite la notte.
Chi comincia il proprio turno di lavoro alle 6 dorme circa 6 ore, mentre chi comincia fra le 9 e le 10 dorme circa 7 ore e mezza. È quest'ultima fascia oraria, quindi, a garantire il rientro nella categoria del “sonno ideale” in base ai canoni dell'American Academy of Sleep Medicine. Secondo gli esperti americani, infatti, un adulto dovrebbe dormire fra le 7 e le 9 ore a notte.
Lavorare meno, peraltro, assicurerebbe vantaggi non indifferenti al nostro organismo, stando ai dati di uno studio pubblicato su BMC Psychiatry.
Secondo i ricercatori dell'Istituto di Scienze della Salute di Aragona, in Spagna, chi effettua un lavoro monotono per 40 e più ore alla settimana ha una probabilità molto più alta di incappare nella cosiddetta sindrome da Burnout, un disturbo psicofisico legato all'accumulo di stress per questioni professionali.
I ricercatori, guidati dal prof. Montero-Marmn, hanno analizzato oltre 400 dipendenti dell'Università di Saragozza, scoprendo che chi era costretto a turni lavorativi pari o superiori alle 40 ore settimanali rischiava 6 volte di più la sindrome da Burnout, in particolare se non riceveva gratificazione dal lavoro svolto. Al contrario, chi lavorava 35 ore o meno aveva livelli di stress molto inferiori, legati, secondo i ricercatori, alla possibilità di trascorrere più tempo libero in famiglia o con gli amici, cosa che permette di lasciarsi alle spalle le preoccupazioni professionali e di concentrarsi su altre attività.
Un altro recente studio ha indagato gli effetti prodotti sul nostro equilibrio psicofisico dal lavoro notturno. Se si lavora di notte, infatti, si crea uno sbilanciamento dell'orologio biologico che può determinare una serie di disturbi del corredo genetico, il che provoca problemi metabolici e psicologici anche a lungo termine.
Durante la ricerca sull'influenza che turni di lavoro, qualità del sonno e alimentazione hanno sui disturbi metabolici e sull'attività genetica, scienziati dalla Christian-Albrechts-Universitaet zu Kiel in Germania e dall'Università di Odense in Danimarca hanno scoperto che gli effetti dei turni di lavoro potrebbero essere di gran lunga più importanti di quanto ritenuto in precedenza. Essi hanno spiegato che, poiché chi lavora su turni non è in grado di rispettare il naturale ritmo sonno/veglia basato sul ciclo del giorno e della notte, il suo orologio interno diventa sbilanciato. I ricercatori hanno scoperto che questo potrebbe avere un effetto diretto sul nostro corredo genetico e sui geni contenuti in questo materiale.
"L'attività dei geni è controllata da piccoli interruttori sul DNA (acido deossiribonucleico), conosciuti come metilazione del DNA", ha spiegato il dott. Ole Ammerpohl, genetista umano alla Christian-Albrechts-Universitaet zu Kiel. "Questa metilazione del DNA si modifica per adattarsi ai cambiamenti delle condizioni ambientali e può essere trasmessa persino alle generazioni successive". Il ricercatore fa notare che le conseguenze di tali cambiamenti possono consistere in molteplici disturbi metabolici che, a lungo termine, possono essere accompagnati da una serie di malattie, compresi disturbi psicologici e persino inabilità al lavoro.
Fino a soltanto poche generazioni fa, la gente si alzava all'alba e andava a letto quando faceva buio. "Allo scopo di adattarsi a questo, i nostri corpi si sono evoluti nel corso dei secoli per sviluppare un sofisticato sistema di trasmettitori che controllano il ciclo sonno/veglia e consentono al corpo di rigenerarsi a sufficienza", ha spiegato la professoressa Manuela Dittmar della Christian-Albrechts-Universitaet zu Kiel.
Tuttavia, fa notare, nel corso degli ultimi decenni i nostri stili di vita sono cambiati drasticamente e le ore di lavoro non sono più basate sulla durata del giorno. "A sempre più persone viene richiesto di lavorare su turni", ha detto la professoressa Dittmar. "Le conseguenze, per coloro che ne vengono colpiti, comprendono una più alta incidenza di malattie tipiche della civilizzazione che possono arrivare alla sindrome da Burnout e a una disabilità precoce".
Allo scopo di comprendere pienamente i cambiamenti al corpo umano indotti da questi fattori, il team di ricerca ha esaminato coppie di gemelli provenienti dalla Danimarca usando metodi molecolari-biologici. In ciascuna coppia, un gemello lavorava su turni. "Il vantaggio dato dall'esame di gemelli identici è che entrambi sono in pratica geneticamente uguali e gli effetti dello stile di vita possono essere identificati più facilmente", ha spiegato il dott. Ammerpohl.
Secondo gli scienziati, oltre al lavoro su turni, anche l'alimentazione e i pattern di sonno facilitano lo sviluppo di disturbi metabolici. Il progetto non solo ha esaminato la metilazione del DNA e le variazioni genetiche, ma si è occupato anche del comportamento alimentare dei gemelli, della qualità del sonno ottenuto, oltre ai livelli ormonali e del sangue come la glicemia e i trigliceridi. Ad esempio, i ricercatori hanno verificato che i livelli del cortisolo, l'ormone dello stress, cambiavano nelle persone come conseguenza dei turni di lavoro. L'obbiettivo a lungo termine dello studio è quello di sviluppare misure preventive per ridurre il rischio che in futuro si sviluppino disturbi metabolici e del sonno.
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