Un ragazzo paralizzato dall'età di 20 anni per un ictus ritrova la capacità di parlare grazie a un nuovo dispositivo intelligente. È la storia di Pancho, ragazzo di madrelingua spagnola, che oltre 10 anni dopo l'ictus è stato arruolato da un team di scienziati dell'Università della California di San Francisco diretto da Edward Chang per uno studio innovativo.
Chang e il suo team gli hanno impiantato degli elettrodi sulla corteccia cerebrale per registrare l'attività neurale, tradotta in parole su uno schermo. Per la prima volta, un impianto cerebrale ha aiutato una persona bilingue incapace di articolare parole a comunicare in entrambi gli idiomi, complice un sistema di intelligenza artificiale, accoppiato all'impianto cerebrale, che decodifica in tempo reale ciò che sta cercando di dire in spagnolo o inglese.
I risultati sono stati pubblicati su Nature Biomedical Engineering e forniscono nuove informazioni su come il cervello riesca a elaborare il linguaggio.
"Questo nuovo studio rappresenta un contributo importante per il campo emergente delle neuroprotesi per il ripristino del linguaggio", afferma Sergey Stavisky, neuroscienziato dell'Università della California di Davis, che non è stato coinvolto nello studio. Anche se la ricerca ha incluso un solo partecipante e resta ancora molto lavoro da fare, "ci sono tutte le ragioni per pensare che questa strategia funzionerà con maggiore precisione in futuro se combinata con altri recenti progressi", ritiene Stavisky.
Il ragazzo è di madrelingua spagnola e ha imparato l'inglese solo dopo l'ictus. Allo spagnolo sono associati sentimenti di familiarità e appartenenza. Per consentire l'addestramento del sistema di Intelligenza Artificiale, a Pancho è stato chiesto di “pronunciare†con la mente circa 200 parole. Lo sforzo cerebrale per formare ogni parola è stato tradotto in uno schema neurale ben preciso che veniva registrato dagli elettrodi.
Il sistema è stato poi applicato alla costruzione delle frasi, e ha consentito di distinguere fra inglese e spagnolo sulla base della prima parola con una precisione dell'88%. Il dispositivo ha decodificato la frase corretta con una precisione del 75%.
I risultati hanno rivelato anche aspetti inattesi riguardo all'elaborazione del linguaggio. In precedenza, alcuni esperimenti avevano segnalato che lingue diverse attivavano parti diverse del cervello. Da questa ricerca emerge invece che "gran parte dell'attività , sia per lo spagnolo che per l'inglese, proveniva in realtà dalla stessa area", dice Silva.
Le risposte neurologiche di Pancho, inoltre, non erano molto diverse da quelle di bambini cresciuti bilingui, il che dimostra che lingue diverse condividono alcune caratteristiche neurologiche di base.
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