Colpire i superbatteri non con degli antibiotici ma con altri patogeni. È un'idea che stanno cercando di mettere in pratica diversi gruppi di ricerca al mondo, e fra gli altri anche alcuni scienziati italiani come Stefania Stefani, professore ordinario di microbiologia clinica all'università di Catania e leader del nodo di ricerca 3 di Inf-Act, dedicato proprio all'antimicrobico resistenza.
Uno degli ultimi lavori è stato presentato durante un meeting organizzato a Pavia. L'oggetto della ricerca è un fago filamentoso - chiamato M13 - ingegnerizzato dai ricercatori con l'aggiunta di sostanze fotosensibilizzanti in grado di generare stress ossidativo e portare alla morte dei batteri resistenti.
“Una strategia pensata per un uso in terapia come adiuvante degli antibiotici - spiega Stefani -. Ci sono molte nazioni che hanno già una regolamentazione su questo, l'Europa ancora no".
L'ingegnerizzazione del fago permette da una parte di avere un sensore che è sensibile alla luce, dall'altra consente al fago di legare i microrganismi che si vogliono attaccare.
Gli scienziati sono riusciti a far sì che il fago M13 colpisse i superbatteri multiresistenti come l'Acinetobacter baumannii o la Pseudomonas aeruginosa, oltre al bersaglio principale, l'Escherichia coli. È la luce ad attivare il fago, che cerca alcune proteine specifiche del superbatterio, procedendo a legarsi ad esso e poi a intossicarlo e ucciderlo grazie a un sistema innescato dalla fotoattivazione.
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