Un danno per tutti, sia per gli americani sia per gli europei. L'Ordine esecutivo pubblicato subito dopo l'annuncio dalla Casa Bianca, conferma un dazio aggiuntivo del 10% su tutta la merce di importazione, declina tassi differenziati per i Paesi elencati (20% per l'Europa) e reca una lista di prodotti - anche farmaceutici - che “non saranno soggetti alle aliquote di dazio ad valorem”, anche se si specifica che “le descrizioni dei prodotti contenute nell'Allegato sono fornite solo a scopo informativo e non intendono in alcun modo delimitare l'ambito dell'azione”.
Stefano Collatina, presidente di Egualia, l'associazione italiana delle aziende produttrici di farmaci equivalenti, biosimilari e Value Added Medicines, a proposito della scelta annunciata in nottata sulle nuove politiche tariffarie, sottolinea che “il reale impatto delle misure per il comparto farmaceutico potrà essere valutato appieno solo nei prossimi giorni”.
“I dazi - commenta - sui prodotti farmaceutici danneggerebbero sia l'industria statunitense che quella europea ma soprattutto danneggerebbero i pazienti: l'esenzione per questi prodotti era stata concordata dalle economie avanzate aderenti all'Organizzazione mondiale del commercio (WTO) proprio per garantire il massimo accesso alle cure essenziali a livello planetario. Se l'esenzione fosse confermata sarebbe una bella notizia perché confermerebbe un principio e un valore etico condiviso da decenni dai Paesi del mondo avanzato”.
Il settore dei farmaci generici-equivalenti e biosimilari, come ricorda la nota di Egualia, opera in un mercato altamente competitivo, con volumi elevati e margini molto bassi. “Negli Usa - spiega Collatina - i farmaci generici rappresentano circa il 90% dei farmaci distribuiti e il valore complessivo delle vendite è diminuito di 6,4 miliardi di dollari in cinque anni, nonostante una crescita in volumi. In una situazione del genere, l'introduzione di dazi sui medicinali e sui princìpi attivi in ingresso negli Stati Uniti va ad incidere su una catena di fornitura già stressata e può tramutarsi in un boomerang. Gli Usa importano 70% dei princìpi attivi in volumi (15% da Cina, 25% da Ue e 30% da India) e per circa 700 molecole di larghissimo utilizzo per le malattie croniche l'Europa (e l'Italia e tra i principali attori europei) è l'unico fornitore, il resto proviene da India e Cina. Se non si conferma l'esenzione per i prodotti farmaceutici, gli eventuali dazi imposti anche su questi beni all'Europa finirebbero per aumentare la dipendenza degli Usa dalla Cina per i medicinali essenziali. Riportare le produzioni da una regione del globo a un'altra richiede molti anni e non sempre è praticabile. Peraltro non possiamo dimenticare il ruolo della produzione farmaceutica italiana in conto terzi (CMO/CdMO): insieme al Governo italiano e alle istituzioni europee dobbiamo fare il possibile per tutelare questa specificità italiana dalla guerra commerciale che si sta scatenando. Non vorremmo che indirettamente i dazi generalizzati penalizzino questo settore cruciale per la nostra industria”.
“Che gli Stati Uniti - conclude Collatina - vogliano rafforzare la propria manifattura farmaceutica e le proprie le catene di fornitura è comprensibile. Ed è lo stesso obiettivo che si è posta l'Ue con l'avvio della riforma farmaceutica, del Critical Medicines Act e il Biotech Act, ma questo andrà a vantaggio e non a danno del diritto dei pazienti ad accedere ai medicinali di cui necessitano. L'obiettivo dell'Europa e del governo italiano deve essere quello di puntare sul mantenimento e sulla crescita di competitività e capacità manifatturiera (il Critical Medicines Act è una opportunità se ben implementato) mantenendo al contempo la massima apertura al commercio e alla cooperazione internazionale”.
Fonte: AboutPharma
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