Alla base della resistenza alla terapia in caso di cancro al seno ER-positivo ci sarebbe l'alterazione dei meccanismi di riparazione del Dna, processo fondamentale che protegge il genoma dalle mutazioni o dai danni esterni.
"La terapia endocrina (ET), basata cioè sull'assunzione di una specifica categoria di ormoni - spiega Antonio Marra, oncologo dell'Istituto Europeo di Oncologia presso la Divisione Sviluppo Nuovi farmaci e Terapie Innovative (diretta da Giuseppe Curigliano) e oggi in forza al Memorial Sloan Kettering di New York (US) - rappresenta il più efficace e diffuso approccio terapeutico nel trattamento dei tumori del seno (ER)-positivo: migliora il controllo sulla progressione di malattia e, in alcuni casi in fase iniziale, riduce anche il rischio di recidiva, aumentando sensibilmente la sopravvivenza".
Tuttavia, circa il 40% delle pazienti sviluppa nel tempo una resistenza alla terapia endocrina, che via via perde efficacia dando il via libera alle metastasi. "Abbiamo capito - continua il ricercatore - che l'instabilità genetica e l'alterazione dei meccanismi di riparazione del DNA giocano un ruolo importante nello sviluppo della farmacoresistenza e dunque nella progressione di malattia. Abbiamo scoperto che queste caratteristiche si ritrovano in misura maggiore in tumori ER-positivi sottoposti a terapia endocrina, in particolare se trattati con alcune classi di farmaci (regolatori selettivi per gli estrogeni (SERDs), inibitori dell'aromatasi e/o inibitori di CDK 4/6), rispetto a quelli non ancora trattati. Inoltre, abbiamo osservato che l'instabilità genetica può riguardare anche alcuni tumori con mutazione BRCA2, che possono anch'essi risultare resistenti alla terapia endocrina con inibitori CDK 4/6 Partendo da queste evidenze, stiamo approfondendo quanto predisposizione genetica e microambiente tumorale giochino un ruolo nel creare questa vulnerabilità cellulare e nel frattempo miriamo a identificare nuovi trattamenti farmacologici che sfruttino queste vulnerabilità come target terapeutici. I risultati di questo studio ci forniranno le basi per implementare nuovi trattamenti per pazienti con tumore mammario resistente alla terapia endocrina, un gruppo fino a ieri orfano di terapie innovative".
"Il valore aggiunto di questo studio - commenta Curigliano - è quello di avere messo in luce la possibilità che alcuni specifici difetti genetici possano impattare sulla resistenza terapeutica a un trattamento con terapia endocrina, aprendo da un lato la via al potenziale sviluppo di nuove terapie mirate a questi target, anche nel caso di pazienti con malattia metastatica ER-positiva, e dall'altro allo studio di soluzioni per contrastare l'evoluzione della resistenza farmacologica".
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