Hiv, un trapianto di staminali lo cancella

Risultato acquisito in diversi pazienti

Un paziente di 53 anni affetto da Hiv è guarito dopo aver ricevuto un trapianto di cellule staminali. Il caso è stato descritto sulle pagine di Nature Medicine e si aggiunge a quelli già noti come il paziente di Berlino e i pazienti di Boston.
In questo caso, il paziente è di Dusseldorf, in Germania, e il suo caso inizia nel 2008, quando gli viene diagnosticato l'Hiv. Il paziente è stato sottoposto a cure antiretrovirali per tenere a bada il virus.
L'anno dopo gli è stata diagnosticata una leucemia mieloide acuta. I medici, d'accordo con il paziente, hanno deciso di sottoporre il paziente a un trapianto di cellule staminali prelevate dal midollo osseo di un donatore per sostituire i globuli bianchi malati.
Il donatore è stato selezionato con una mutazione genetica particolare che lo rende resistente all'HIV. Oltre a curare la leucemia, infatti, i medici intendevano tentare una strada per offrire una resistenza genetica all'Hiv. In alcune persone, infatti, il virus non si replica per via di una mutazione genetica precisa: CCR5 delta32.
A 9 anni dal trapianto di cellule staminali e a 4 dalla sospensione dei trattamenti antiretrovirali, i medici hanno annunciato che la carica virale è spenta e il virus non è più rilevabile nel sangue. Il paziente è quindi in remissione.
Bjorn-Erik Ole Jensen, uno degli autori dello studio, spiega che ora è possibile "confermare che si può prevenire la replicazione dell'Hiv su base sostenibile combinando due metodi chiave. Da un lato, abbiamo l'esaurimento esteso del serbatoio virale nelle cellule immunitarie e, dall'altro, il trasferimento della resistenza all'Hiv dal sistema immunitario del donatore al ricevente, per far sì che il virus non abbia alcuna possibilità di diffondersi di nuovo. Ora sono necessarie ulteriori ricerche su come ciò possa essere reso possibile al di fuori del ristretto insieme di condizioni che abbiamo descritto".
Lo stesso risultato era già stato registrato alcuni anni fa dai cosiddetti “pazienti di Boston”.
Due pazienti sieropositivi erano stati sottoposti fra il 2008 e il 2010 a un trapianto di midollo osseo che aveva curato un linfoma.
Tuttavia, il trapianto aveva prodotto anche l'eliminazione - o almeno così sembrava - del virus dell'Hiv nel sangue. Per un lungo periodo di follow up i medici non hanno più riscontrato la presenza del virus, finché nella primavera del 2013 i pazienti sono stati ritenuti guariti ed è stata decisa l'interruzione della somministrazione dei farmaci antiretrovirali.
La decisione però si è rivelata sbagliata perché a 3 mesi dalla sospensione della terapia il virus è ricomparso, come confermato dal prof. Timothy Henrich, il medico che aveva coordinato il trapianto: “il ritorno dell'Hiv su livelli rivelabili è una delusione, ma anche un'importante scoperta dal punto di vista scientifico. Abbiamo dimostrato che il virus agisce in maniera più profonda di quanto pensavamo prima. Adesso sappiamo che i nostri test non sono in grado di rilevare correttamente la completa scomparsa del virus e che l'Hiv può resistere in 'serbatoi' esterni ai vasi sanguigni”.
I due casi erano divenuti noti e si erano aggiunti a quello di Timothy Brown, conosciuto come il "paziente di Berlino" e giudicato guarito dall'Hiv dopo un trapianto di midollo osseo nel 2007. C'è però una differenza importante tra i casi. Per Brown erano state utilizzate cellule staminali provenienti da un donatore con la mutazione genetica CCR5 delta32, mentre nei pazienti di Boston sono state trapiantate cellule senza questa mutazione.

22/03/2023 11:00:00 Andrea Sperelli


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