Migliorare l'accesso al test per Brca 1 e 2 è fondamentale non soltanto in vista della possibile disponibilità di un nuovo farmaco (olaparib), ma pure per individuare e sorvegliare i soggetti che presentano un rischio eredofamiliare di sviluppare l'adenocarcinoma del pancreas (e non solo), in modo da giungere a una diagnosi precoce.
Un passo in avanti per vedere migliorare la prognosi della malattia, come confermato anche da uno studio italiano pubblicato su The american journal of gastroenterology.
Nella ricerca sono state coinvolte 679 persone con familiarità o mutazioni germinali, arruolate in 18 centri tra i trenta che aderiscono al Registro italiano multicentrico di sorveglianza prospettica dei soggetti a rischio genetico di cancro del pancreas (coloro che hanno una mutazione dei geni Brca e almeno un caso in famiglia anche di altra malattia oncologica correlata o due o più casi seppur in assenza di informazioni relative a Brca).
A 156 di loro è stato garantito un follow-up di almeno tre anni: colangiopancreatografia a risonanza magnetica (Mrcp) o ecoendoscopia effettuate una volta all'anno. Attraverso lo screening, sono stati identificati otto tumori del pancreas e una lesione precancerosa di alto grado. Dei pazienti affetti dalla neoplasia, cinque erano portatori di mutazioni a livello di geni coinvolti nello sviluppo di tumore del pancreas.
“Le forme di cancro identificate sono risultate trattabili chirurgicamente nel sessanta per cento dei casi”, spiega Gabriele Capurso, vicedirettore del centro per la ricerca e cura delle malattie del pancreas dell'Irccs ospedale San Raffaele. Un risultato significativo, se si considera che il tasso di operabilità che si rileva nella popolazione generale oscilla tra il 15 e il 20 per cento. “Le neoplasie non operabili rilevate erano tali già all'inizio dello screening - chiarisce lo specialista, primo autore dello studio assieme a Salvatore Paiella (associato di chirurgia generale all'Università di Verona) -. Gli altri tumori sono stati identificati nel corso dello screening, anche grazie alla presenza di un team multidisciplinare che ha contribuito a identificare le lesioni precoci e a trattarle nel migliore dei modi”.
Dati che - sebbene questa forma di screening ristretto sia per il momento offerta soltanto in ambito sperimentale - paiono confermare l'importanza della sorveglianza nei soggetti ad alto rischio genetico. E che hanno portato gli autori ad avviare un altro studio - il Proph-Ita (Familial pancreatic cancer PROPHilation program in Italy) tuttora in corso: circa cinquecento i pazienti già sottoposti a screening in sette ospedali (azienda ospedaliero-universitaria di Verona, azienda ospedaliero-universitaria di Padova, Irccs ospedale San Raffaele e Irccs Istituto clinico Humanitas di Milano, Irccs Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia, Istituto tumori Giovanni Paolo II di Bari e ospedale Morgagni-Pierantoni di Forlì), ma il numero dei centri arruolatori è superiore - con l'obiettivo di realizzare una profilazione genetica ancora più precisa tramite tampone salivare dei soggetti con familiarità già inseriti nel Registro italiano delle famiglie a rischio di tumore del pancreas.
“I risultati di correlazione tra il test, che in questo caso analizza circa quaranta geni associati alle malattie del pancreas, e l'esito dello screening - conclude Capurso - sarà fondamentale per capire se e come la sorveglianza vada personalizzata sulla base dell'indagine genetica. Se riusciremo ad anticipare le diagnosi e a evidenziare un vantaggio in termini di costo-efficacia, potremo immaginare che questo screening venga in futuro garantito dal Servizio sanitario nazionale”.
Fonte: AboutPharma
Le informazioni di medicina e salute non sostituiscono
l'intervento del medico curante
Questa pagina è stata letta
2501 volte