Un team dell'Università di Washington e del Fred Hutchinson Cancer Research Center di Seattle ha messo a confronto i due antivirali Pritelivir e Valaciclovir per il trattamento delle lesioni indotte dal virus Herpes simplex genitale.
Lo studio, pubblicato su Jama, è stato coordinato da Anna Wald, che spiega: «La terapia dell'Hsv genitale si basa sugli analoghi nucleosidici Aciclovir, Valaciclovir e
Famciclovir somministrati sia per curare sia per prevenire le recidive».
L'assunzione giornaliera di Valaciclovir dimostra di poter ridurre il rischio di trasmissione del virus al partner, ma si tratta in ogni caso di una protezione parziale perché il farmaco non riesce a inibire in maniera completa la progressione a livello genitale dell'agente virale.
Lo studio, realizzato su 91 soggetti con 4-9 recidive annuali di Hsv-2 a livello genitale, ha randomizzato i volontari a ricevere Pritelivir o Valaciclovir. Il primo agisce bloccando l'enzima virale elicasi, che serve a spacchettare i geni virali pemettendone la trascrizione, mentre l'altro inibisce competitivamente la Dna polimerasi.
Per 28 giorni, i soggetti hanno assunto il primo farmaco. Dopo altri 28 giorni di pausa, hanno cominciato ad assumere per altri 28 giorni il secondo farmaco. Nel corso del trattamento, sono stati raccolti tamponi genitali per 4 volte al giorno.
«Del gruppo iniziale, 56 hanno completato entrambi i periodi di terapia al momento della conclusione dello studio», spiegano gli autori.
I dati indicano una progressione delle lesioni nel 2,4 per cento dei tamponi durante il trattamento con Pritelivir rispetto al 5,3% registrato nel periodo di trattamento con Valaciclovir.
Le lesioni genitali erano presenti rispettivamente nell'1,9 e nel 3,9 per cento dei giorni di osservazione dei due periodi. Anche la soppressione virale è risultata significativamente maggiore durante il trattamento con Pritelivir. Coerentemente, l'intensità del dolore è risultata maggiore nel periodo di osservazione associato a Valaciclovir.
«Servono ulteriori ricerche per valutare l'efficacia e la sicurezza a lungo termine di
entrambi i trattamenti», conclude Wald, ma appare chiara al momento la superiorità di Pritelivir.
Un altro gruppo di ricercatori americani ne ha valutato l'efficacia in uno studio controllato pubblicato sul New England Journal of Medicine.
Oltre a frenare la diffusione virale nelle persone già colpite dal virus, Pritelivir sembra in grado di dimezzare la vitalità del virus stesso, riducendo così di molto le possibilità di un contagio.
Gli scienziati hanno coinvolto 156 pazienti affetti da herpes genitale e li hanno seguiti per un mese. Il dott. Richard Whitley, docente di malattie infettive presso l'Università dell'Alabama e coautore della ricerca, spiega: «C'è stata una rilevante diminuzione della probabilità di diffusione virale in questo studio. Siamo all'inizio di una nuova era».
L'herpes genitale provoca molto dolore e interessa il più delle volte anche il retto. In caso di gravidanza la sua pericolosità è estrema, minacciando la vita del neonato se l'infezione avviene durante il parto. Un'altra caratteristica del virus è la sua latenza. Anche quando ha la peggio, il virus rimane infatti nelle cellule nervose e approfitta del minimo indebolimento immunitario per tornare ad attaccare l'organismo che lo ospita.
Nel corso della ricerca, i volontari sono stati divisi in cinque gruppi, uno dei quali ha ricevuto un placebo e gli altri diverse dosi del farmaco. L'effetto del medicinale si è dimostrato dose-dipendente, ovvero la maggiore efficacia è stata associata con la dose più alta del farmaco (75 mg/die). In questo sottocampione, la diffusione virale si è attestata al 2 per cento contro il 27 per cento del gruppo placebo.
Non sono emersi effetti collaterali gravi, ma vanno naturalmente condotti studi più approfonditi. Una ricerca precedente, realizzata sulle scimmie, aveva fatto emergere alcune conseguenze preoccupanti per la salute, in particolare anomalie del sangue e reazioni cutanee. Sull'uomo, invece, almeno in questo primo tentativo non sono stati registrati effetti collaterali così negativi.
Fonte: Jama/New England Journal of Medicine
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