Due studi recenti confermano un dato già noto, ovvero che l'età del padre nell'ambito di una gravidanza ha un'importanza relativa, anche se non irrilevante. Le due ricerche sono state presentate durante l'ultimo congresso della Società europea di medicina della riproduzione.
Mauro Cozzolino, specialista in Medicina della riproduzione di IVI Roma, commenta: «Il campione utilizzato per gli studi è uno dei più estesi per questa tipologia di ricerche: parliamo di 30.784 pazienti e 34.106 neonati e abbiamo incluso maschi dai 21 ai 54 anni. Volevamo capire se lo sperma di un padre d'età avanzata influisca sulla salute ostetrica della donna in gravidanza o su quella del neonato. Abbiamo preso in considerazione una serie di indicatori e le conclusioni indicano che non ci sono differenze rilevanti per quanto riguarda l'età dei papà».
«Una delle ragioni di questa differenza tra uomini e donne è puramente biologica chiarisce Daniela Galliano, direttrice della Clinica PMA di Roma, specialista in Ginecologia, ostetricia e medicina della riproduzione : le donne hanno una dotazione di follicoli alla nascita, come una riserva, che “si consuma” col passare degli anni e dei cicli mestruali, mese dopo mese. Mentre negli uomini, la spermatogenesi avviene costantemente, ogni giorno e in ogni momento, e quindi vengono generate nuove cellule. Questo influenza poi anche le caratteristiche della fecondazione perché gli spermatozoi non sono vecchi come gli ovociti quando si tenta la fecondazione».
In teoria, quindi, gli uomini possono avere figli a qualsiasi età. Ma nella pratica, anche lo sperma con il tempo invecchia e si degrada. Alcuni studi hanno segnalato un aumento del rischio di alcune patologie nei nascituri, in particolare problemi neurologici come l'autismo e la schizofrenia.
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