Possibili immunoterapie innovative per il cancro al colon

Grazie allo studio del microambiente tumorale

Un gruppo di ricercatori dell'IRCCS Ospedale San Raffaele e dell'Università Vita-Salute San Raffaele, guidato dalla professoressa Chiara Bonini, ordinario di Scienze Tecniche Mediche Applicate alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di UniSR, ha dimostrato come lo studio del microambiente tumorale nei tumori del colon-retto e relative metastasi epatiche possa aprire nuove strade per lo sviluppo di immunoterapie innovative per il trattamento di questi tumori.
Lo studio, pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica Gut, è parte di un programma finanziato da AIRC 5x1000, che mira a generare terapie innovative per il trattamento delle metastasi epatiche derivanti da tumori del colon e del pancreas.
Tra le cellule immunitarie che infiltrano il tessuto tumorale di pazienti con tumore del colon-retto primitivo e metastatico, i linfociti T sono presenti in numero maggiore e rappresentano la prima difesa del nostro organismo. All'interno del tessuto tumorale, però, una serie di fattori ne impediscono la corretta funzionalità.
Più precisamente, tramite analisi mirate a identificare in modo preciso il fenotipo dei linfociti T infiltranti il tumore, è stato scoperto che i linfociti infiltranti il tumore del colon-retto primitivo e le derivanti metastasi epatiche hanno in comune un enzima coinvolto nei processi metabolici, il CD39, che fa parte di una serie di molecole chiamate “recettori di inibizione” perché pongono un freno al corretto funzionamento dei linfociti T.
Tramite la tecnologia CRISPR/Cas9, un complesso che agisce come delle “forbici molecolari”, i ricercatori hanno eliminato il CD39 dai linfociti T. Hanno, inoltre, sostituito il recettore naturalmente presente sulla superficie dei linfociti T (TCR, T Cell Receptor) con un recettore tumore-specifico, isolato dalle cellule del sangue di donatori sani, in grado di riconoscere la proteina HER-2, già bersaglio di alcune terapie antitumorali utilizzate nella pratica clinica.
Queste modificazioni genetiche dei linfociti hanno permesso di ottenere un'“armata di linfociti” direzionati contro il tumore e capaci di resistere ai segnali inibitori derivanti dal microambiente tumorale.
“Alla base di questo studio c'è un'approfondita caratterizzazione del microambiente tumorale, che si è rivelato di fondamentale importanza nella scelta del tipo di manipolazione genetica da effettuare sui linfociti T. Questo è stato reso possibile grazie ai campioni provenienti dal tessuto tumorale e dal tessuto sano dei pazienti che, accettando di partecipare a questo progetto, si sono messi generosamente a disposizione della ricerca scientifica, aprendo nuove importanti prospettive nella cura del tumore del colon retto”, ha dichiarato la dottoressa Alessia Potenza, prima autrice dello studio.
“L'analisi comparativa tra tumore primario e campione metastatico ha permesso di identificare meccanismi molecolari comuni, che agiscono in entrambi i tessuti”, aggiunge la dottoressa Chiara Balestrieri, co-prima autrice dello studio.
La dottoressa Eliana Ruggiero, ultimo autore del lavoro, sottolinea: “L'identificazione di molecole target ha aperto la strada allo sviluppo e alla validazione di geni terapeutici, mirati ad armare le cellule del sistema immunitario nei confronti di questo tipo di tumore”.
“Gli studi preclinici mirati a validare sicurezza ed efficacia di linfociti ingegnerizzati per riconoscere il tumore del colon-retto sono attualmente in corso presso il nostro Istituto”, dichiara Chiara Bonini.

10/10/2023 12:35:00 Arturo Bandini


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