L'Alzheimer preferisce le donne

Alla base ragioni legate agli enzimi

C'è un enzima alla base del maggior tasso di incidenza del morbo di Alzheimer fra le donne. David King, coordinatore di una ricerca della Case Western Reserve University pubblicata su Cell, spiega: "L'eccessiva attività dell'enzima USP11 nelle femmine determina la loro maggiore suscettibilità alla proteina tau nella malattia di Alzheimer”.
Gli scienziati hanno notato nelle donne una maggiore espressione di un enzima legato al Cromosoma X chiamato peptidasi 11 specifica dell'ubiquitina (USP11), con conseguente maggiore accumulo della proteina tau, responsabile delle placche che si accumulano con la malattia.
L'ubiquitina è una proteina regolatoria che si occupa di trasportare le proteine danneggiate al proteasoma, complesso cellulare che ha invece il compito di distruggerle. In caso di Alzheimer il meccanismo si inceppa, gli aggregati di tau e ubiquitina si accumulano nei neuroni e finiscono per ostruire il complesso. "Il nostro studio definisce un quadro per identificare altri fattori legati al Cromosoma X che potrebbero conferire una maggiore suscettibilità alla taupatia nelle donne", spiega il co-autore David Kang.
"L'eccessiva attività dell'enzima USP11 nelle femmine determina la loro maggiore suscettibilità alla patologia tau nella malattia di Alzheimer", spiegano i ricercatori. "L'esperimento sui topi potrebbe non catturare completamente le differenze sessuali nella patologia tau osservate negli esseri umani. In termini di implicazioni, la buona notizia è che USP11 è un enzima, e gli enzimi possono essere tradizionalmente inibiti farmacologicamente - sottolinea Kang -. La nostra speranza è quella sviluppare un medicinale che funzioni in questo modo, con l'obiettivo di proteggere le donne dal rischio più elevato di ammalarsi di Alzheimer".
Altri studi hanno cercato di spiegare la prevalenza del genere femminile nelle diagnosi di Alzheimer.
Sarebbe il gene MGMT ad aumentare il rischio della malattia fra le donne. Il gene contiene le istruzioni per la produzione di una proteina che ripara i danni del Dna. Lo studio è firmato dai ricercatori dell'Università di Chicago e della Boston University School of Medicine (BUSM) e i risultati sono stati pubblicati su Alzheimer Disease & Dementia.
Analizzando l'espressione genica di MGMT, i ricercatori hanno scoperto che il processo è collegato allo sviluppo di beta-amiloide e tau, le proteine associate come noto all'insorgenza dell'Alzheimer.
L'associazione è più marcata nelle donne non interessate da APOEε4, la variante genetica considerata fino a oggi il principale fattore di rischio per lo sviluppo della malattia negli uomini e nelle donne over 65. Il 60% delle persone di origine europea con l'Alzheimer è portatore di questa variante, ma molte donne con APOEε4 non sono affette dalla malattia e chi non ha questo allele può invece svilupparla, a sottolineare il carattere non deterministico dell'associazione.
Gli scienziati americani hanno realizzato 2 diversi studi di associazione sull'intero genoma per l'Alzheimer con campioni molto diversi: nel primo caso si trattava di 22 donne provenienti da una grande famiglia allargata di hutteriti - come si chiamano gli anabattisti in Moravia - in cui tutti quelli con Alzheimer erano donne.
L'altro campione, molto più corposo, era formato da oltre 10.000 donne con livelli di APOEε4 pari allo zero. In un caso l'approccio è stato quello di focalizzarsi sul patrimonio genetico di una popolazione generalmente piuttosto isolata, l'altro prendeva spunto dall'esistenza di un possibile legame tra Alzheimer e tumore al seno.
In entrambi i campioni gli scienziati hanno scovato nelle donne un'associazione molto forte tra le varianti del gene MGMT e l'Alzheimer. A essere correlata ai marcatori tipici della malattia sarebbe l'espressione delle varianti più che la loro semplice presenza.
Ora chiaramente serviranno studi più approfonditi per cercare di capire i reali meccanismi genetici alla base della malattia ed eventualmente trarne suggerimenti preziosi per la messa a punto di nuovi target terapeutici.

11/10/2022 16:40:00 Andrea Piccoli


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