Arnica montana benefica per l'organismo

Aumenta le capacità riparative delle cellule

Una ricerca pubblicata su Plos One da scienziati dell'Università di Verona evidenzia le proprietà benefiche indotte nel nostro organismo dall'Arnica montana.
La ricerca si è concentrata sull'analisi dell'azione sull'espressione genica nei macrofagi umani dell'Arnica montana, pianta tradizionalmente utilizzata nella cura di traumi, in dosi omeopatiche.
«La collaborazione - spiega il coordinatore Paolo Bellavite - ha sviluppato un progetto ampio e articolato comprendente misure spettrometriche e di nanoparticelle, isolamento degli acidi nucleici, real-time PCR, sequenziamento completo del trascrittoma (RNA messaggero di tutte le specie prodotte dalle cellule), analisi bioinformatiche».
L'Arnica montana è una pianta tradizionalmente utilizzata nella cura di traumi, ma finora si sapeva poco sul suo meccanismo d'azione a livello cellulare.
I ricercatori hanno utilizzato come modello una linea di cellule macrofagiche umane in coltura, differenziate con interleuchina-4 in modo da farle assomigliare a quelle che si trovano nelle ferite e nei traumi in via di guarigione. «In un primo lavoro avevamo dimostrato che in presenza di Arnica i macrofagi aumentano l'espressione di geni coinvolti nella sintesi delle chemochine, sostanze importanti per richiamare le cellule nel luogo della lesione e per promuovere la ricrescita dei vasi», precisa Bellavite. «Visto il promettente risultato del primo studio, si è proceduto all'analisi della totalità dei geni espressi dai macrofagi (migliaia), con una tecnica chiamata “Next-generation sequencing”. Si è evidenziato l'aumento statisticamente significativo di 7 geni di cui 3 collegati alla matrice extracellulare del tessuto connettivo, come la fibronectina. L'importanza funzionale dell'effetto di Arnica è sottolineata anche dalla scoperta che se si opera artificialmente un graffio del monostrato cellulare, i macrofagi lo riparano più velocemente. Un altro punto importante è che gli stessi geni la cui espressione è influenzata da dosi alte (2c, vale a dire la seconda diluizione centesimale) risentono anche delle diluizioni omeopatiche più alte (3c, 5c, 9c, 15c), con intensità minore ma sempre statisticamente significativa».
«In sintesi - conclude il docente - con le moderne tecniche di espressione genica si conferma che le cellule sono dotate di un'altissima sensibilità a livello della regolazione dell'espressione genica, tale da renderle capaci di rispondere alle dosi omeopatiche di medicinali. È suggestivo sapere che il DNA dei macrofagi umani è ultrasensibile a tale tipo di regolazione da parte di una pianta conosciuta da secoli per le sue proprietà medicinali».
Lo studio è firmato anche da Marta Marzotto, Clara Bonafini, Debora Olioso, Anna Baruzzi sempre del dipartimento di Medicina, da Laura Bettinetti e Francesca Di Leva del dipartimento di Biotecnologie di Verona - Centro di Genomica Funzionale e da Elisabetta Galbiati del dipartimento di Biotecnologia e Bioscienze dell'università di Milano-Bicocca.

14/11/2016 14:19:09 Arturo Bandini


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