In questi due anni di pandemia gli specialisti pediatri hanno più volte sottolineato la differenza di risposta tra adulti e bambini all'infezione da SARS-CoV-2.
I pazienti pediatrici, infatti, nella maggior parte dei casi ha sviluppato sintomi lievi; tuttavia, in alcuni casi, a due-sei settimane dall'insorgenza della malattia, hanno sviluppato una risposta iperinfiammatoria simile alla Malattia di Kawasaki e alla sindrome da shock tossico, definita con l'acronimo inglese MIS-C.
I ricercatori e clinici del San Matteo avevano già cercato di approfondire le ragioni legate a un andamento clinico della malattia così diverso tra età adulta e pediatrica e i risultati erano stati pubblicati sulla rivista JAMA Pediatrics.
Oggi, gli stessi ricercatori della Pediatria della Fondazione IRCCS Policlinico San
Matteo, guidati dal Prof. Gian Luigi Marseglia, hanno preso parte a uno studio internazionale coordinato dal Prof. Luigi Daniele Notarangelo, Direttore dell'area immunologica dell'Istituto nazionale americano di allergie e malattie infettive, anch'egli laureatosi e specializzatosi in Pediatria a Pavia.
Tra i primi firmatari del lavoro c'è un giovane ricercatore della Pediatria pavese, il dottor Riccardo Castagnoli, che ha sviluppato questa ricerca internazionale direttamente negli Stati Uniti.
Lo studio è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Medicine e ha consentito
di identificare dei marcatori di malattia che permettono di fare chiarezza su come, in
alcuni bambini geneticamente predisposti, si possa sviluppare una rara complicanza
dell'infezione da SARS-CoV-2, cioè la sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini (MIS-C), una condizione rara e grave in cui si verifica un processo infiammatorio che colpisce diversi organi e può mettere a rischio la vita dei piccoli pazienti.
Lo studio ha coinvolto numerosi centri pediatrici in Italia, Cile, Israele e Stati Uniti.
I ricercatori hanno cercato di comprendere l'andamento di vari marcatori immunitari di infiammazione tra i bambini con COVID-19 e in quelli con MIS-C, impiegando un approccio "multi-omico", che, attraverso l'utilizzo di molteplici tecniche di analisi, riesce a caratterizzare e misurare le anomalie del sistema immunitario che possono prevedere lo sviluppo di queste patologie.
Che cosa è emerso da queste indagini? Gli studiosi hanno rilevato differenze sostanziali nel modo in cui il sistema immunitario dei bambini risponde al COVID-19 rispetto alla risposta osservata negli adulti. I bambini, infatti, sviluppano risposte immunitarie innate più potenti ed efficaci nei confronti del virus rispetto agli adulti e questo giustifica che nella gran parte dei bambini l'infezione da SARS-CoV-2 venga rapidamente limitata e la malattia abbia un decorso rapidamente favorevole. Tuttavia, dallo studio è emerso invece che, nei bambini che sono geneticamente predisposti a sviluppare la MIS-C, l'aumento dei livelli di diversi biomarcatori infiammatori è precoce e incontrollato ed è quindi responsabile delle gravi manifestazioni cliniche di questa complicanza.
I segni e sintomi di MIS-C (febbre e interessamento multi-organo, soprattutto del cuore) di solito compaiono senza alcun preavviso. Fino ad oggi, nessun dato chiaro indicava chi potesse essere più a rischio di sviluppare questa complicanza da COVID-19.
Questo studio fa luce sui motivi per i quali i bambini tendono ad avere un decorso
clinico più mite rispetto agli adulti e dimostra inoltre che, nei bambini che sviluppano MIS-C, un intervento tempestivo ai primi segni di infiammazione con steroidi e immunoglobuline ad alto dosaggio è efficace nello “spegnere” la tempesta infiammatoria che si verifica nell'organismo del bambino affetto e nel consentirne il miglioramento clinico.
Altri gruppi di ricerca hanno indagato il fenomeno legato all'insorgenza di MIS-C nei più piccoli.
Uno studio apparso su Jama Pediatrics segnala come i casi di sindrome infiammatoria multisistemica nei bambini (MIS-C) colpiti da Sars-Cov-2 siano legati a una risposta immunologica ritardata all'infezione.
Ermias Belay, primo autore dello studio e ricercatore dei Centers for Disease Control and Prevention di Atlanta, spiega: «Abbiamo cercato di descrivere le caratteristiche cliniche e la distribuzione geografica e temporale della più ampia coorte di pazienti con MIS-C negli Stati Uniti fino a oggi».
Gli scienziati hanno realizzato un'analisi su dati clinici e di laboratorio raccolti fra il marzo del 2020 e il gennaio del 2021. Confrontando la distribuzione geografica e temporale di MIS-C con quella di Covid-19 a livello nazionale e locale, i ricercatori hanno descritto i risultati in base al gruppo d'età e alla presenza o assenza di Covid-19 pregresso.
Sono stati identificati 1.733 pazienti con MIS-C, di cui 994 (57,6%) erano maschi e 1.117 (71,3%) erano ispanici o neri non ispanici. Dal 53% al 67% dei pazienti ha riferito sintomi gastrointestinali, eruzione cutanea e iperemia congiuntivale, mentre il 54% ha sofferto di ipotensione o shock e il 58,2% è stato ricoverato in terapia intensiva. Il 31% dei pazienti ha avuto una disfunzione cardiaca, il 23,4% un versamento pericardico, il 17,3% miocardite e il 16,5% dilatazione o aneurisma dell'arteria coronaria.
La percentuale più bassa di manifestazioni gravi è stata registrata nei pazienti di età compresa fra zero e quattro anni, anche se il 38,4% ha accusato ipotensione e shock e il 44,3% è stato ricoverato in terapia intensiva.
Più frequenti nei pazienti fra i 18 e i 20 anni la presenza di miocardite, polmonite, sindrome da distress respiratorio acuto e positività alla reazione a catena della
polimerasi.
Secondo Jennifer Blumenthal e Jeffrey Burns, ricercatori rispettivamente della Harvard Medical School e del Boston Children's Hospital, lo studio contribuisce a una maggior conoscenza della MIS-C, sebbene serviranno ulteriori indagini per capire quali siano le terapie più efficaci e le conseguenze a lungo termine della malattia.
Uno studio di ricercatori del Bambino Gesù di Roma hanno approfondito le ragioni della malattia grazie a una ricerca pubblicata su Cell in collaborazione con i colleghi del Karolinska Institutet di Stoccolma.
All'inizio della pandemia da SARS-CoV2 i bambini sembravano essere quasi immuni dalle conseguenze del nuovo coronavirus. Andando avanti è diventato però evidente come anche loro, seppur in modo meno grave, potessero ammalarsi di COVID-19. In alcuni casi, purtroppo, i bambini possono persino sviluppare una grave forma di infiammazione sistemica, la MIS-C, una nuova patologia che può insorgere dopo aver contratto il coronavirus. I piccoli pazienti che ne sono affetti manifestano vasculite (infiammazione dei vasi sanguigni) problemi cardiaci, intestinali e un aumento sistemico dello stato infiammatorio. Si tratta di caratteristiche in parte in comune con un'altra vasculite - la malattia di Kawasaki - che avevano fatto pensare in un primo momento a un nesso di causalità proprio tra la Kawasaki e l'infezione da SARS-Cov2.
Lo studio "CACTUS - Immunological studies in children affected by COVID and acute diseases" è stato messo a punto da medici e ricercatori del Bambino Gesù nel corso dell'emergenza sanitaria per cercare di capire la malattia da SARS-CoV-2 nel bambino. Alla ricerca hanno collaborato il Centro COVID di Palidoro, il gruppo di Pediatria Generale che negli ultimi anni si è dedicato allo studio della malattia di Kawasaki e quello di Immunologia clinica e Vaccinologia del Dipartimento Pediatrico Universitario Ospedaliero. Sono stati coinvolti 101 bambini, di cui 13 con COVID che hanno sviluppato la forma multisistemica infiammatoria, 41 con COVID, 28 con patologia di Kawasaki insorta in epoca pre-COVID e 19 sani.
In entrambe le malattie, Kawasaki e MIS-C, è stata rilevata un'alterazione dei livelli delle citochine (mediatori dell'infiammazione) coinvolte nella risposta immunitaria, ma con delle differenze: ad esempio l'interleuchina 17a (IL-17a) è risultata particolarmente aumentata nei bambini con malattia di Kawasaki ma non in quelli con COVID e MIS-C.
Rispetto ai bambini con Kawasaki, nei pazienti affetti da COVID che sviluppano MIS-C è stata individuata un'elevata presenza di auto-anticorpi, cioè di anticorpi diretti contro particolari porzioni di tessuto cardiaco o sostanze propri dell'organismo stesso, che agiscono contro due specifiche proteine (endoglina e RPBJ). Questi auto-anticorpi possono determinare il danno vascolare e cardiaco tipico della MIS-C.
Anche dal punto di vista cellulare sono emerse differenze sostanziali tra le due patologie. I bambini affetti da COVID, infatti, presentano un particolare tipo di linfociti T (sottotipo di globuli bianchi deputati alla difesa dell'organismo) con funzione immunitaria alterata rispetto ai bambini con malattia di Kawasaki. Questa alterazione è alla base dell'infiammazione e della produzione di autoanticorpi contro il cuore.
I differenti indicatori individuati tra le due patologie hanno permesso di chiarire i meccanismi immunologici responsabili del loro sviluppo e consentiranno in un futuro prossimo di mettere a punto specifici test di laboratorio per arrivare a una diagnosi certa e precoce.
Monitorare i linfociti T e lo spettro degli anticorpi nei bambini affetti da COVID-19 permetterà di diagnosticare precocemente quei pazienti che sono a rischio di sviluppare una forma di MIS-C.
«Questi risultati rappresentano un'importante scoperta anche per scegliere in maniera più accurata e basata su evidenze scientifiche i protocolli per la cura dell'infiammazione sistemica correlata all'infezione da SARS-CoV2 e malattia di Kawasaki», spiega il dottor Paolo Palma, responsabile di Immunologia Clinica e Vaccinologia del Bambino Gesù e dello studio.
Dai risultati della ricerca emerge l'indicazione di trattare con immunoglobuline ad alte dosi per limitare l'effetto degli autoanticorpi, con anakinra (un principio attivo immunosoppressivo che blocca i recettori dell'interleuchina-1) e con cortisone i bambini con MIS-C in una fase precoce per bloccare l'infiammazione secondaria a danno dei vasi. Al contrario, nei pazienti pediatrici viene sconsigliato l'utilizzo di tocilzumab (anti-IL6) e di farmaci bloccanti TNF-a. Per i pazienti con Kawasaki, i dati suggeriscono per la prima volta la potenziale efficacia di un farmaco che blocca l'IL-17 (secukinumab) per controllare l'infiammazione alla base di questa malattia.
Fonte: Jama Pediatrics
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