Uno stile di vita sano contro l'ictus

Riduce il rischio anche nei soggetti predisposti

Uno stile di vita sano dal punto di vista cardiovascolare ha l'effetto di ridurre le probabilità di insorgenza dell'ictus nelle persone geneticamente predisposte. A dirlo è uno studio pubblicato sul Journal of American Heart Association da un team della UTHealth Houston guidato da Myriam Fornage, che spiega: «Il nostro studio ha confermato che la modifica dei fattori di rischio dello stile di vita, come il controllo della pressione sanguigna, può compensare un rischio genetico di ictus. Si potrebbero utilizzare le informazioni genetiche per determinare chi è a rischio più elevato, e incoraggiarlo ad adottare uno stile di vita cardiovascolare sano per vivere una vita più lunga e più sana».
Allo studio hanno preso parte 11.568 adulti fra i 45 e i 64 anni liberi da ictus al basale e seguiti in media per 28 anni. I parametri analizzati per giudicare lo stile di vita facevano riferimento alle raccomandazioni dell'American Heart Association, fra cui smettere di fumare, mangiare meglio, fare attività fisica, perdere peso, controllare la pressione sanguigna, il colesterolo e la glicemia.
Il rischio di ictus nel corso della vita è stato calcolato in base a un punteggio di rischio poligenico. Chi aveva ottenuto il punteggio più alto per il rischio genetico di ictus e le persone che avevano una salute cardiovascolare più scarsa presentavano il rischio più alto di avere un ictus nel corso della vita, quantificabile al 25%.
Al di là del rischio genetico, i soggetti con una salute cardiovascolare ottimale mostravano una riduzione del rischio dal 30 al 45%, cioè un aumento della speranza di vita senza ictus di 6 anni.
Nel complesso, le persone che non rispettavano le raccomandazioni hanno subito il maggior numero di eventi di ictus (56,8%) mentre quelle con un'adesione elevata hanno avuto 71 ictus (6,2%).
Una limitazione del lavoro è che il punteggio di rischio poligenico non è stato ampiamente convalidato. Ciò significa che la sua utilità clinica non è accertata, soprattutto per le persone di altre etnie rispetto a quella rappresentata nello studio, cioè quella caucasica.

Fonte: JAHA 2022. Doi: 10.1161/JAHA.122.025703
JAHA

09/01/2023 09:38:05 Andrea Piccoli


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