Stessi risultati per il digiuno intermittente e la dieta ipocalorica tradizionale nel processo di riduzione del peso corporeo. Lo sottolinea una ricerca dell'Università dell'Illinois secondo cui sia chi ha seguito il digiuno intermittente, sia chi ha seguito una dieta ipocalorica normale ha perso nel giro di un anno il 5% del peso corporeo.
La ricerca, pubblicata su Annals of Internal Medicine, ha seguito circa 80 persone per 12 mesi.
I volontari sono stati assegnati a seguire tre tipi di routine alimentare. Il primo gruppo ha seguito un digiuno intermittente per cui potevano alimentarsi solo per 8 ore al giorno tra le 12 e le 20; il secondo gruppo ha seguito una dieta in cui si contavano le calorie riducendole del 25%; un terzo gruppo invece non ha seguito alcuna dieta particolare.
È così emerso che, anche senza contare le calorie, i volontari del digiuno intermittente hanno assunto in media 425 calorie in meno al giorno, mentre il gruppo assegnato alla dieta tradizionale ne ha ingerite 405 in meno al giorno. In entrambi i casi, i volontari hanno finito col perdere fra i 5 e i 6 chili in un anno.
Ma i ricercatori non sembrano tutti concordi con queste conclusioni. Un altro studio pubblicato sul Journal of the American Heart Association che ha preso in esame quasi 550 adulti del Maryland e della Pennsylvania per un periodo di 6 anni sostiene invece che sia preferibile adottare l'approccio tradizionale per dimagrire.
L'età media dei soggetti presi in esame era 51 anni e l'indice di massa corporea medio era 30,8, un parametro sufficiente per definire una persona “obesaâ€. Grazie a un'app creata per i volontari, i ricercatori hanno misurato le ore trascorse fra il primo pasto e l'ultimo della giornata, tra il risveglio e il primo pasto e l'intervallo tra l'ultimo pasto e il sonno. Il tempo medio dal primo all'ultimo pasto è stato di 11,5 ore; il tempo medio dal risveglio al primo pasto 1,6 ore; il tempo dall'ultimo pasto al sonno è stato di 4 ore; e la durata media del sonno è stata calcolata in 7,5 ore.
I risultati indicano che né l'intervallo fra i pasti né l'orario dei singoli pasti erano associati a modifiche del peso corporeo, mentre è stato determinante per l'aumento di peso dopo i 6 anni il numero totale giornaliero di pasti abbondanti e di pasti medi.
«La prima obiezione a questo studio - dice al Corriere della Sera Stefano Erzegovesi, Nutrizionista e Psichiatra - è la natura osservazionale della ricerca, per cui non è affatto detto che la correlazione tra pasti più piccoli e minor peso corporeo sia collegata da un rapporto di causa ed effetto. Potrebbe essere un effetto di causazione inversa o reverse causation: non sono i pasti più piccoli a renderci più magri, ma sono i soggetti più magri che, per loro natura, fanno pasti più piccoli. L'altra obiezione è che, essendo il campione composto da persone obese l'inefficacia del digiuno potrebbe essere correlata all'abitudine, molto frequente nelle persone sofferenti di obesità , di mangiare pasti molto più abbondanti dopo periodo di digiuno di maggior durata, vanificando quindi gli effetti potenzialmente positivi del digiuno stesso. In conclusione, il digiuno di per sé non è certamente un toccasana per dimagrire ma, se condotto in maniera corretta - quindi senza compensazioni con pasti eccessivi post-digiuno - e con la supervisione di un medico, può essere un utile strumento per regolare il peso corporeo, i ritmi circadiani e l'infiammazione cronica di basso grado».
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