I calciatori rischiano l'Alzheimer

Il pericolo rappresentato dai colpi di testa ripetuti

Chi gioca a calcio da professionista ha un rischio di insorgenza di Alzheimer e altre malattie neurodegenerative più alto rispetto alla media. A dirlo è un nuovo studio pubblicato su Jama Network Open da un team della University of Nottingham guidato da Shima Espahbodi, che spiega: «Anche se i calciatori professionisti sembrano essere a più alto rischio di malattie neurodegenerative, il motivo rimane sconosciuto. Per approfondire la questione, abbiamo cercato di capire se la frequenza dei colpi di testa fosse associata al rischio di deterioramento cognitivo in calciatori professionisti in pensione».
Il team ha analizzato 459 calciatori professionisti ritirati dall'attività e con oltre 45 anni di età. Grazie a un questionario sono stati raccolti i dati relativi ai colpi di testa, suddivisi in tre fasce: da 0 a cinque, da sei a 15, e più di 15 colpi, per partita o sessione di allenamento.
Sono stati considerati anche altri fattori di rischio specifici, come la posizione del giocatore e la commozione cerebrale. Il deterioramento cognitivo è stato definito utilizzando la Telephone Interview for Cognitive Status modificata, e sono stati valutati anche il test di apprendimento verbale di Hopkins, la fluidità verbale e le attività indipendenti della vita quotidiana. La frequenza dei colpi di testa è stata da 0 a cinque volte per 114 calciatori, da sei a 15 volte per 185, e più di 15 volte per 160 per quanto riguardava le partite, da 0 a cinque volte per 125 calciatori, da sei a 15 volte per 174, e più di 15 volte per 160, per le sessioni di allenamento. La prevalenza del deterioramento cognitivo è stata del 9,78% nel gruppo 0-cinque volte, del 14,78% nel gruppo sei-15 volte e del 15,20% nel gruppo >15 volte per le partite.
La commozione cerebrale che ha comportato la perdita di memoria è stata associata a un maggior rischio di deterioramento cognitivo.
Anche altri test cognitivi hanno confermato i risultati ottenuti. «Saranno necessari ulteriori studi per stabilire quale soglia massima per la frequenza dei colpi di testa possa mitigare questo rischio», concludono gli autori.
Anche uno studio pubblicato su Lancet Public Health da un team del Karolinska Institutet di Stoccolma conferma queste conclusioni. “Da tempoâ€, scrivono i ricercatori, "sono state sollevate preoccupazioni circa un potenziale aumento del rischio di malattie neurodegenerative associate al gioco del calcio". Stando ai risultati della ricerca, l'aumento del rischio dipenderebbe dai micro-traumi subiti durante le partite: "è stato suggerito che il trauma subito colpendo ripetutamente con la testa un pallone da calcio causi neurodegenerazione, sebbene le prove di tale collegamento siano incoerenti, incomplete e controverse". La ricerca ha preso in esame i dati di oltre 6.000 calciatori che hanno giocato nei campionati svedesi fra il 1924 e il 2019. Nel complesso, i soggetti mostravano un rischio del 50% più alto rispetto alla media di sviluppare malattie neurodegenerative. L'aumento del rischio era particolarmente evidente per l'Alzheimer (+62%), mentre per il Parkinson si è registrata addirittura una riduzione del rischio (-32%). Non sono emersi collegamenti con la Sla. Inoltre, il fenomeno non riguardava i portieri, il che suggerisce che il problema di fondo sia l'atto di colpire la palla di testa.
L'aspetto positivo è che, nonostante l'aumento del rischio di malattie neurodegenerative, i calciatori mostravano una mortalità più bassa.
“Ciò indica che la loro salute generale era migliore rispetto alla popolazione generale, probabilmente perché si mantenevano in buona forma fisica giocando frequentemente a calcio", dice Björn Pasternak, tra gli autori dello studio. "Una buona forma fisica potrebbe essere anche la ragione dietro un più basso rischio di Parkinson".
Uno studio pubblicato su New England Journal of Medicine da un team dell'Università di Glasgow sembra confermare i dati dei colleghi svedesi. Lo studio è stato realizzato su 7676 ex calciatori professionisti scozzesi.
“Tra i calciatori professionisti c'è una mortalità più bassa rispetto alla popolazione generale per cause non neurologiche, ma più alta per le malattie neurodegenerative, e un rischio più elevato di sviluppare demenza o Alzheimer", spiegano i ricercatori.
Sarebbero proprio i colpi di testa i responsabili di questo rischio maggiore. Lo studio ha analizzato retrospettivamente i casi di 7.676 ex calciatori, confrontandone la mortalità per malattie neurodegenerative con quella di altri 23.028 soggetti che non hanno praticato sport agonistico.
“La mortalità per le patologie neurodegenerative era più elevata tra gli ex calciatori scozzesi professionisti rispetto al gruppo di confronto - evidenzia lo studio -. Inoltre gli ex calciatori avevano ricevuto un maggior numero di prescrizioni per i farmaci contro la demenza rispetto al gruppo di controllo".
In media, un calciatore colpisce la palla di testa dalle 6 alle 12 volte durante una partita, ma a questa cifra vanno aggiunti gli allenamenti. Si tratta quindi di decine di migliaia di colpi di testa durante una carriera, in particolare per certi ruoli. I difensori e gli attaccanti centrali sono per ovvie ragioni i più esposti.

21/09/2023 09:29:23 Andrea Sperelli


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