L'assunzione dell'ormone della crescita durante l'infanzia può aumentare i rischi di insorgenza del morbo di Alzheimer. A segnalarlo è uno studio pubblicato su Nature Medicine da un team dello University College di Londra che ha analizzato i dati di 5 persone inglesi che hanno ricevuto l'ormone della crescita nei primi anni di vita.
“I risultati supportano un'ipotesi controversa ovvero che le proteine legate all'Alzheimer possano essere seminate nel cervello attraverso materiale prelevato dai cadaveri, infatti l'ormone sotto accusa era estratto dalle ghiandole pituitarie di individui deceduti", si legge nella ricerca.
In uno studio del 2018, lo stesso team aveva scoperto che il cocktail ormonale somministrato conteneva tracce di proteina beta-amiloide. Quando il preparato veniva iniettato nei topi, gli animali sviluppavano placche e un'angiopatia amiloide cerebrale.
Nell'ultimo studio, i ricercatori hanno analizzato la possibilità che il fenomeno si manifestasse anche negli esseri umani. Hanno così scoperto che 5 persone su 8 che avevano ricevuto il trattamento ormonale durante l'infanzia hanno sviluppato segni di demenza a esordio precoce più tardi nella vita, fra i 38 e i 55 anni.
"Due sono morti durante lo studio. Delle restanti tre persone, una presentava sintomi di lieve deterioramento cognitivo, un'altra presentava possibili sintomi di neurodegenerazione e una non mostrava sintomi comportamentali dell'Alzheimer", precisa la ricerca.
"Oggi dal punto di vista della salute pubblica non è necessario preoccuparsi della demenza trasmissibile perché questo trattamento ormonale non esiste più", chiariscono i ricercatori che però si augurano che "molti altri scienziati ora cercheranno ulteriori prove per esplorare l'ipotesi dell'Alzheimer trasmissibile".
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