Il digiuno intermittente non sarebbe la soluzione ai problemi di peso. A rompere il fronte sempre più compatto dei sostenitori del metodo 16:8 è un'analisi presentata nel corso dell'American Heart Association di Chicago che pone seri dubbi sugli effetti del digiuno intermittente nel quale l'assunzione di cibo è limitata a 8 ore al giorno, con conseguente digiuno nelle altre 16 ore e quindi il salto di un pasto, di solito la cena oppure la colazione.
I sostenitori del digiuno intermittente basano il loro entusiasmo non solo sui dati che riguardano la perdita di peso, ma anche sugli effetti a breve termine assolutamente positivi riguardo alla sensibilità all'insulina, ai livelli di colesterolo e di pressione arteriosa e alla riduzione dell'infiammazione. Il problema, secondo i ricercatori americani, è che non vengono considerati gli effetti a lungo termine.
Giuseppe Remuzzi, direttore dell'Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri, commenta: «C'è l'idea che si debba cambiare il nostro modo di alimentarci, concentrando l'assunzione di cibo in 8 ore per poi assumere soltanto acqua o poco altro per le restanti 16. Sappiamo che, oltre a far dimagrire, il digiuno intermittente migliora la sensibilità all'insulina e il metabolismo, riduce l'infiammazione, abbassa il colesterolo e la pressione del sangue in chi ce l'ha alta. Questi però sono gli effetti a breve termine: possono durare qualche mese, forse un anno. E poi?».
Lo studio, servendosi dei database dei Centers for Disease Control and Prevention, ha preso in esame le abitudini alimentari di 20.000 persone, confrontandole con i dati relativi ai decessi avvenuti nello stesso periodo negli Stati Uniti. Stando ai dati, l'alimentazione limitata a 8 ore al giorno avrebbe aumentato il rischio complessivo di morte. Nelle persone che già soffrivano di cuore, il digiuno comporta un rischio più alto di infarto, ictus e morte. Stessi dati per i malati oncologici.
L'analisi è stata realizzata su un gruppo misto con età media di 49 anni. I pazienti sono stati seguiti per una media di 8 anni e un massimo di 17.
«Questo studio è importante perché l'idea di limitare entro poche ore l'assunzione del cibo sta diventando molto popolare da noi e dappertutto, ma a lungo termine può fare male, anche a chi è malato di cuore o ha un tumore - sottolinea Remuzzi -. Ci si potrebbe chiedere se il digiuno intermittente protegga da malattie dovute ad altre cause, ma secondo i ricercatori non è così; insomma, alla lunga non sembra dare alcun vantaggio».
Lo studio ha preso in considerazione soltanto l'alimentazione e le cause di morte, tralasciando altri possibili fattori.
«In effetti l'analisi presentata al meeting dell'American Heart Association ha numerosi limiti - conclude il direttore dell'Istituto Mario Negri -: non ci dà indicazioni sul tipo di dieta e nemmeno sul meccanismo biologico che sta alla base delle differenze nella durata della vita nei due gruppi: sono tutte cose che sarà necessario capire. Ci vorrà ancora molta ricerca per trarre conclusioni definitive. Abbiamo però a disposizione diversi spunti per riflettere: a quanto pare il digiuno intermittente non solo non è un elisir di lunga vita, ma potrebbe persino rivelarsi vero il contrario».
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