L'ossessione moderna per i social media potrebbe dispiegare nel prossimo futuro un'onda lunga di disturbi mentali. A lanciare l'allarme è una review pubblicata su World Psychiatry e presentata all'ultimo congresso della Società italiana di Psichiatria, dalla quale emerge che i più giovani rappresentano la fascia d'età più a rischio, soprattutto se vivono in condizioni svantaggiate a causa di isolamento sociale, disabilità o problemi di salute mentale già esistenti.
«Quello che viene osservato in questo studio, condotto da ricercatori internazionali, è che in tarda adolescenza, intorno ai 19 anni, sia i ragazzi che le ragazze iniziano ad avere problemi con i modelli che i Social media propongono, perché sono troppo irraggiungibili e competitivi - spiega Paola Calò, referente area Social media nell'esecutivo della Società Italiana di Psichiatria (SIP) -. I Social coinvolgono la vita quotidiana degli individui, sono un modo per raccontarsi e un mezzo che aiuta a dare senso alla propria esistenza, uno spazio dove talvolta viene messo in discussione il proprio "Io". A questo si aggiunge che sono luoghi di aggregazione e, anche se i giovani adulti sanno che quello che vivono nello spazio digitale appartiene a un mondo "finto", vogliono avere un ruolo e ne rimangono comunque influenzati».
Uno studio del 2023 che raccoglieva i dati di 23 trial clinici randomizzati e controllati segnalava l'effetto benefico su soggetti depressi derivante dalla cessazione dell'utilizzo dei social media.
«Ovviamente non si può generalizzare, gli effetti dipendono dal contenuto, dalla durata di permanenza negli ambienti digitali e soprattutto dall'età e dalla finestra di "sensibilità " di ciascun individuo. Per questo più che regole restrittive occorre trovare una giusta via di mezzo e farsi guidare dal buon senso. Il web può essere un viaggio che arricchisce la vita di conoscenze e incontri e può aiutare a far aumentare la consapevolezza su temi di "diversity" e "inclusion". Occorre però saper "surfare" l'onda digitale tenendo conto che una permanenza prolungata negli spazi digitali può creare "Internet addiction" perché vengono attivate le stesse aree cerebrali e gli stessi neurotrasmettitori (dopamina e seretonina, ndr) che regolano le dipendenze. Per il futuro mi aspetto che l'intelligenza artificiale applicata ai Social possa avere dei risvolti positivi come, per esempio, la capacità di intercettare messaggi di fragilità e inviare, automaticamente, una richiesta di aiuto a un medico», conclude Calò.
«Il web è sempre più profondamente radicato nella nostra vita quotidiana, con la presenza pervasiva di informazioni, contenuti e servizi, distribuiti e fruibili in ogni momento della nostra giornata: a casa, a scuola, sul luogo di lavoro e quando siamo in movimento - spiega la presidente SIP, Liliana Dell'Osso -. La connettività alla rete Internet è diventata onnipresente ma, paradossalmente, invisibile, tanto che studiosi e ricercatori da anni tentano di valutarne i correlati sulla capacità di attenzione, i processi di memoria e la cognizione sociale, senza risultati univoci. In particolare, sui giovanissimi, che, secondo una recentissima survey del 2023 condotta tra 1.453 individui, nel 50% dei casi si descrivono come sempre online. Peraltro, in un nostro studio condotto all'Università di Pisa, sta emergendo anche che l'uso patologico di videogames, che questa generazione spesso gioca online, si associa a una maggior tendenza al ritiro sociale e comportamenti simili-hikikomori».
«Lo studio pubblicato su World Psychiatry - commenta Emi Bondi, presidente uscente SIP - prende in considerazione i dati più recenti provenienti dalla ricerca sia quantitativa che qualitativa, per valutare l'influenza di Internet, e dei social media in particolare, sullo stato psicologico individuale, e chiarire i fattori sociodemografici, psicologici e comportamentali che possono mediarne l'impatto. Al di là dei pericoli connessi al cyberbullismo, ai giochi on-line, all'esposizione a materiale pedopornografico, la letteratura scientifica sull'impatto di Internet e dei social è piuttosto contraddittoria. Alcuni studi ne demonizzano l'uso e il rischio manipolativo, altri invece ne sottolineano il potenziale anti-stigma, il ruolo di facilitatore di connessioni e supporto tra pari».
Le informazioni di medicina e salute non sostituiscono
l'intervento del medico curante
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