La febbre Oropouche potrebbe essere trasmessa anche per via sessuale, non solo quindi attraverso le punture di insetti infetti. A scoprirlo è il dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell'Irccs Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, che ha isolato - per la prima volta al mondo - il virus Oropouche nel liquido seminale di un viaggiatore italiano di ritorno da Cuba, al quale era stata diagnosticata l'infezione.
"Sino a oggi sapevamo che questa infezione si trasmette da uomo a uomo soltanto in maniera indiretta, cioè attraverso la puntura di un insetto. La possibilità indicata dal nostro studio che l'infezione possa essere trasmessa tramite rapporti sessuali è un campanello d'allarme da non sottovalutare", commenta Federico Giovanni Gobbi, direttore del Dipartimento di Malattie Infettive, Tropicali e Microbiologia dell'Irccs di Negrar e tra gli autori della pubblicazione. In realtà , precisa Gobbi, a oggi "non sono stati ancora descritti casi di trasmissione diretta interumana dell'infezione e il livello di rischio è molto basso per l'Italia, dove sono stati registrati 5 casi tutti importati. Tuttavia, i cambiamenti climatici e l'aumento degli spostamenti delle persone rendono necessari ulteriori studi".
“È imperativo conoscere meglio questo virus sino ad oggi poco studiato", dice Concetta Castilletti, responsabile dell'Unità di Virologia e Patogeni Emergenti dell'Irccs di Negrar e co-autrice della pubblicazione. “Per questo motivo, dopo averlo isolato, abbiamo messo subito a disposizione il virus, in un'ottica di condivisione e collaborazione con alcuni dei più importanti laboratori italiani ed esteri, tra cui l'Istituto Superiore di Sanità , l'Istituto Spallanzani di Roma, l'Istituto di Medicina Tropicale di Anversa, il Netherlands Centre for Infectious Disease Control, il Charité Universitätsmedizin di Berlino".
Il primo caso europeo era stato individuato in Veneto nel giugno scorso e aveva avuto come protagonista un ragazzo di 25 anni di ritorno da una vacanza in Sud America. Un nuovo test sviluppato dai ricercatori del Fatebenefratelli Sacco ha permesso l'individuazione di altri casi.
"Il principale artropode vettore, Culicoides paraensis, è attualmente presente solo in Sud e Centro America e non è presente in Europa", ha spiegato l'ospedale. Ad oggi, non esistono prove di trasmissione interumana del virus.
"L'importanza di queste diagnosi effettuate in Italia - ha dichiarato Gismondo - è essenziale per monitorare la diffusione del virus. Attualmente la diagnosi è appannaggio dei centri di riferimento per le arbovirosi, come il nostro, e si basa principalmente su tecniche molecolari homemade. Di fronte alla diffusione di virus, anche se non ci sono rischi nel nostro Paese, è sempre importante non sottovalutare i sintomi e i dati epidemiologici e rivolgersi ai laboratori di riferimento".
La febbre Oropouche è causata dall'omonimo virus (Orov), scoperto nel 1955 nel sangue di un lavoratore forestale di Trinidad e Tobago - spiega Federico Giovanni Gobbi, direttore del Dipartimento di malattie infettive, tropicali e Microbiologia dell'Irccs di Negrar - Ciò che è più rilevante è che si tratta di un virus che viene trasmesso all'uomo dalle punture di insetti, in particolare moscerini e zanzare. La febbre Oropouche è una delle arbovirosi più diffuse del Sudamerica, con oltre 500mila casi diagnosticati dal 1955 a oggi, un numero probabilmente sottostimato viste le limitate risorse diagnostiche disponibili nell'area di diffusione. Dall'ultimo aggiornamento epidemiologico risultano tra la fine del 2024 e il 2024 più di 5.000 casi di febbre Oropouche in Bolivia, Brasile, Colombia e Perù, e ultimamente anche a Cuba".
I sintomi della febbre Oropouche sono quelli classici che caratterizzano altre febbri virali tropicali: "Si manifestano di solito dopo 3-8 giorni dalla puntura dell'insetto vettore - spiega Concetta Castilletti, responsabile dell'Unità di Virologia e Patogeni emergenti dell'Irccs - e sono in gran parte sovrapponibili a quelli di altre febbri virali tropicali come Dengue, Zika o Chikungunya: febbre alta (oltre i 39 gradi) accompagnata da mal di testa, dolore retrorbitale, malessere generale, mialgia, artralgia, nausea, vomito e fotofobia".
"Sono stati inoltre registrati - prosegue l'esperta - sporadici casi di interessamento del sistema nervoso centrale, come meningite ed encefalite. Nel 60% circa dei casi dopo la prima fase acuta i sintomi si ripresentano, in forma meno grave: di solito da due a dieci giorni, ma anche dopo un mese dalla prima comparsa".
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