Bisogna tenere d'occhio il girovita per salvaguardare la salute del cuore. A ribadirlo sono i cardiologi della Società Italiana di Cardiologia riuniti a congresso, secondo cui oltre la metà delle malattie cardiache dipende dai chili di troppo e per ogni 2 anni in più vissuti con peso superfluo il rischio sale del 7%.
A minacciare il cuore è soprattutto il grasso viscerale, misurabile attraverso il cosiddetto indice di rotondità , ovvero il rapporto fra misura del girovita e altezza. Oltre al rischio di infarto e ictus, i chili di troppo aumentano anche quello di fibrillazione atriale e scompenso cardiaco.
I soggetti obesi presentano un rischio di fibrillazione atriale di quasi il 50% più alto rispetto agli individui normopeso, del 64% di andare incontro a infarto e ictus e del 30% di sviluppare scompenso cardiaco. Un quadro complessivo allarmante che ha spinto la Società Europea di Cardiologia a collocare l'Italia, nel recente documento di consenso sulla prevenzione cardiovascolare, tra i Paesi a rischio intermedio, con il 33% degli italiani in sovrappeso e il 12%, circa 6 milioni, obesi.
"Va condannato il body shaming ma non va normalizzata l'obesità perché è una malattia cronica che causa l'insorgenza di oltre la metà delle malattie cardiache - dichiara Pasquale Perrone Filardi, presidente Sic -. L'eccesso adiposo, infatti, non solo potenzia i fattori di rischio tradizionali come pressione alta, colesterolo, trigliceridi e diabete di tipo 2, ma comporta anche un incremento dell'infiammazione generale e del grasso viscerale con l'irrigidimento delle arterie (aterosclerosi) che possono aumentare il rischio di coaguli di sangue e causare ictus".
Anche la durata dell'obesità incide sul rischio cardiovascolare, "proprio a causa della progressiva calcificazione coronarica, e convivere con i chili in eccesso per decenni, ma anche solo per qualche anno, può fare la differenza per la salute di arterie e coronarie", afferma Ciro Indolfi, past president Sic.
L'aspetto positivo è che è sufficiente un calo di peso di 1 chilo su 10 per ridurre del 21% il rischio di eventi cardiovascolari maggiori nei successivi 10 anni, spiega Francesco Barilla, presidente della Fondazione Cuore siamo Noi della Sic. "Si tratta di un obiettivo realistico che può rientrare tra i buoni propositi per il nuovo anno".
Uno studio del Centre for Diseases, Control and Prevention dell'Università di Nanchino ha dimostrato l'efficacia dell'indice di rotondità (Bri) nel prevedere il rischio cardiovascolare.
Rispetto al gruppo con livelli di Bri bassi, il rischio di malattie cardiovascolari con livello di Bri moderato aumenta del 22% e sale addirittura al 55% nei gruppi con livello di Bri alto.
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