Solo il 10 per cento dei nuovi casi di cancro riguarda persone sotto i 49 anni. Il 39% colpisce la fascia d’età 50-69 anni e nel restante 51% le vittime hanno oltre 70 anni. Questi dati sul cancro dimostrano il rapporto evidente ma ancora da chiarire fra la malattia e l’avanzare dell’età.
A complicare l’analisi è il fatto che diverse ricerche ormai sono giunte alla stessa conclusione, ovvero che i casi di cancro fra chi ha meno di 50 anni, pur se ancora minoritari, sono in aumento.
Lucrezia Trastus, ricercatrice dell’IFOM, e Fabrizio d’Adda di Fagagna, a capo del laboratorio di Risposta al danno al DNA e senescenza cellulare in IFOM e dirigente di ricerca all'IGM-CNR di Pavia, hanno condotto un’analisi attenta e critica della letteratura scientifica sull’argomento, pubblicandone i risultati su Nature Aging.
«Da molti anni si studiano le connessioni tra invecchiamento e cancro, ma nella nostra analisi abbiamo voluto approfondire come il mantenimento del genoma, il danno al DNA e l'accumulo di mutazioni influenzino la tumorigenesi e l'omeostasi tissutale durante l'invecchiamento – spiega al Corriere della Sera Fabrizio d’Adda di Fagagna -. Come la disfunzione telomerica correlata all'età e la senescenza cellulare contribuiscano allo sviluppo del cancro attraverso meccanismi che coinvolgono l'instabilità genomica e l'infiammazione cronica. E come il sistema immunitario invecchiato e l'infiammazione persistente, che è il risultato dell’accumulo con l’età delle cellule senescenti, modellino l'immunosorveglianza tumorale, modulando la progressione della malattia».
«I telomeri, per esempio, sono le estremità dei nostri cromosomi e si accorciano con il passare del tempo, causando la senescenza cellulare e il conseguente invecchiamento dell’organismo - continua d’Adda di Fagagna -. Eppure questo stesso meccanismo deleterio potrebbe essersi evoluto nelle nostre cellule per evitare di trasformarle in tumori, mettendo un freno alla loro capacità di proliferare».
«Modificare la lunghezza dei telomeri oppure eliminare le cellule senescenti negli animali di laboratorio ha permesso di comprendere quanto questi processi siano importanti nel prevenire o causare il cancro e come possiamo sviluppare terapie antitumorali cercando di colpire questi stessi meccanismi», aggiunge Trastus.
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